FRANCESCO MUSANTE

FRANCESCO MUSANTE
UNA ROSA LA LUNA E LA NOTTE INTERA PER PENSARE A TE

La materia dei libri è costituita dalle sottigliezze della vita.

La materia dei libri è costituita dalle sottigliezze della vita.
I bambini non ricorderanno se la casa era lustra e pulita ma se leggevi loro le favole. Betty Hinman

mercoledì 29 luglio 2009

Diario di viaggio

Che giornata meravigliosa! Siamo tornate a Monterosso: il paesino più occidentale delle cinque terre, in Liguria. Impossibile trasmettere la poesia che contiene, i profumi che sprigiona, la bellezza naturale che ostenta. E' il paese in cui Montale trascorreva le sue vacanze e che ispirò al poeta versi di una bellezza compiuta e coinvolgente. E' il luogo romantico e sereno dove il mare è cristallino e chiarissimo, di un azzurrino dorato, posato su un tappeto di sassolini bianchi, fini. Ci trovi ricci di mare e stelle marine, pesciolini che ti strusciano le caviglie e scogliere eleganti. Qui possenti piante di aloe, colorati oleandri, e antiche bouganville rosse e viola, arroccate sulla roccia, fanno da sfondo ad un paesaggio affollato, turistico, che mantiene comunque il suo aspetto incontaminato, naturale, prezioso. Siamo partite io e Miranda con la troupe al seguito: i due Piccoli e l'Adolescente imbronciato, che si è unito a noi controvoglia, costretto. E' venuta anche AnimaFragile: paziente e rilassante, bella e ventenne, determinata e intelligente, già incerta sull'esistenza del Principe Azzurro...
Siamo arrivati in treno. Appena usciti dalla stazione il paesino di mare ci ha accolto con le particolarità tipiche dei luoghi balneari: ristori, bazar, profumi di focaccia ligure e di basilico. Una breve passeggiata ci ha condotto fino alla spiaggetta sovrastata dall'imponente statua del gigante: il Dio Nettuno, che regge sulle spalle un singolare giardino pensile. Lì l'acqua del mare ci chiamava insistente e noi non ci siamo fatti pregare: ci siamo immersi al mattino e ne siamo usciti nel tardo pomeriggio. La pelle arrossata e piena di sale come quella dei marinai. Negli occhi la pace di un paesaggio che, ancora, porta speranza.

martedì 28 luglio 2009

NON VEDO, NON PARLO, NON SENTO

Serata noiosissima, alla tv non c'è niente di interessante da vedere. Giriamo da un canale all'altro, annoiati, finchè non ci fermiamo su Italia Uno dove trasmettono una candid camera. Un signore con un furgone si ferma a mettere benzina. Dentro il furgone tiene, immobilizzata sul pavimento, legata e imbavagliata, una ragazza. Pur sapendo che è uno scherzo la scena è di una violenza enorme. Sembra una delle peggiori puntate di Criminal Mind; una delle pagine più brutali di un triller di D. Coontz. La candid camera vuole osservare il comportamento dei vari benzinai quando si accorgono della ragazza. Uno prova, evidentemente impaurito e in imbarazzo, a chiedere spiegazioni, due ragazzi ne ridono divertiti, un altro si scoccia dell'insistenza con cui la ragazza chiede aiuto e l'apostrofa "Che cazzo vuoi?", un signore anziano lo lascia andar via ma corre a chiamare la polizia ma il figlio gli consiglia di lasciar perdere. Pietà è morta. Di fronte a tutte queste persone indifferenti, senza pietà, senza compasione, che preferiscono non correre rischi, pensare ai fatti propri, preoccupate solo di difendere la propria quotidiana tranquillità io mi sento invadere dallo sgomento e dal terrore. Temiamo che qualche pazzo ci possa fare del male. Ma il vero pericolo non sono quei pochi che cercano di nuocere al prossimo ma quelle migliaia di persone perbene, gente onesta e buoni padri di famiglia, che, pur potendo impedirlo, si girerebbero dall'altra parte, fingendo di non vedere. Di fronte al mio muto sbigottimento le immagini continuano a scorrere, dure. Ecco l'ultimo benzinaio. Sente le grida disperate di aiuto della poveretta. Si affaccia al finestrino, la vede e... corre a liberarla. Senza pensare un attimo, senza chiedere, senza paura di intrromettersi in faccende che non lo riguardano. C'è una sola cosa giusta da fare e lui la fa senza tentennamenti. Semplicemente. Umanamente. La normalità sembra ripristinata. Il mondo torna a girare nel verso giusto. Il Principe ha sconfitto il drago e liberato la Principessa. Ma ci voleva così tanto?

venerdì 24 luglio 2009

Vita di mare...

Vivo giornate leggere, semplici e genuine. Penso poco, passeggio molto, parlo di nulla. Faccio vita di mare. Sto con i miei figli. Tra splendide nuotate e interminabili partite a carte, raccogliamo sassi e vetrini, lasciamo asciugare al sole la pelle salina, commentiamo i colori del mare senza parole. Godiamo della semplicità coinvolgente di giornate tutte uguali. Al riparo dal mondo. Immersi in un ritmo dall'odore salmastro che ricorda la salsedine e le alghe marine. Al termine della giornata ci attende una stanchezza buona, che concilia il sonno.
Ricordo le giornate della mia infanzia, al mare con mia nonna. Arrivavamo in spiaggia con il pullman; era sempre stracarico, di gente, di odori, di palette, secchielli e bambini eccitati. La nonna, energica e senza età, piantava l'ombrellone nel tratto di spiaggia che a lei sembrava più bello: vicino a un'amica, lontano dall'acqua, un pò appartato.
Appena arrivati, noi bambini cominciavamo a chiedere "l'ora del bagno": la risposta era sempre la stessa, "non prima delle quattro!". Non ricordo tentennamenti nè scenate da parte degli adulti. E noi aspettavamo le quattro, chiedevamo di continuo ma non c'erano sconti. Alle quattro in punto "il gruppo" si fiondava in mare ed era felicità allo stato puro. Gli adulti, in genere mamme e nonne, si mettevano di vedetta, non ci perdevano mai di vista nè si tuffavano mai a giocare con noi. Trascorsa mezz'ora ci mostravano gli asciugamani aperti e noi uscivamo schiamazzando allegramente, pronti per la merenda, già fantasticando sui giochi con la sabbia che sarebbero seguiti, mentre gli adulti giocavano a tombole improvvisate, accostando i teli da mare e gli ombrelloni, con l'occhio vigile su di noi e sull'orario, attenti a non perdere l'unico pullman del ritorno.
Sembra un secolo fa. Un'altra Italia. Eppure non è passato molto. Mi chiedo cosa ci sia successo così in fretta. Mi chiedo se è davvero progresso questa assenza di gruppo che avverto, questa chiusura nella propria individualità familiare, questa eccessiva cortesia che ci contraddistingue, questo rispetto per la privacy e l'ossessione di non disturbare. Mia nonna si prendeva cura di tutti i bambini che cadevano sotto il suo spazio visivo: una parola per tutti, un commento, una sgridata e una raccomandazione a ognuno, senza incertezze. Ricordo che un giorno, di fronte a un bambino tedesco che secondo lei si stava avventurando troppo tra le acque, sfoderò una serie di frasi incomprensibili. Più tardi, fiera di sè, mi spiegò che le aveva sentite dire dai soldati, in tempo di guerra. Al bambino, per lo più aveva gridato:"Caput!", "Rauss!" e altri suoni, così come li aveva registrati nella memoria, sicura di trasmettergli un messaggio che doveva suonare così:"Torna indietro immediatamente, l'acqua è alta ed è pericoloso!...". Quel bambino la riguardava. Anche se era un'estraneo. Anche se non l'aveva per niente compresa e che, forse, l'aveva scambiata per pazza. Niente e nessuno l'avrebbe convinta che non era affar suo. Non la sfiorava neppure il pensiero di essere invadente o di ledere la privacy di quella famiglia. Per lei era naturale così. Non si perdeva in riflessioni filosofiche e sociologiche con le amiche. Agiva secondo un codice non scritto, insindacabile, forse ancestrale. Di cui ho un pò nostalgia. Di cui non posso non sentirne l'assenza nella mia generazione di genitori distratti, educati, stanchi... Nella mia generazione di crisi educativa.

La faccia oscura della Luna

Sono le cinque ed ancora non riesco a prendere sonno. Mi son girata e rigirata mille volte nel letto, ripensando alla serata trascorsa. Serata tranquilla, in verità. Una pizza con una collega, quattro chiacchere, due risate e la promessa di vederci più spesso. Era, infatti, più di un anno che non la rivedevo e l'ho trovata molto cambiata.
Dopo la fine del suo matrimonio ha attraversato un lunghissimo periodo buio e difficile, poi l'ho vista risollevarsi pian piano, con fatica e con tenacia riprendere in mano la sua vita, iscriversi all'università, laurearsi e cambiare lavoro per fare finalmente non ciò che gli altri avevano scelto per lei ma ciò che realmente desiderava: l'insegnante.
La ritrovo allegra, spavalda e bella come non l'ho vista mai. Sorridendo mi racconta la sua nuova vita. Mi dice di aver scoperto un mondo che per lei, sposata con il primo amore, era sconosciuto: il variegato universo maschile. Mi racconta di corteggiatori, inviti, semplici amicizie, conoscenze interessanti, prove e sperimentazioni d'amore. Vedo attraverso i suoi occhi un mondo nuovo, una vita a me preclusa. D'improvviso mi sento vecchia, messa all'angolo, fuori dai giochi. Son certa che tra le due son io quella che ha avuto la mano più fortunata nel gioco della vita. Eppure non riesco a non provare curiosità e una punta di nostalgia per quel mondo che ho intravisto stasera...

Scirocco, stanotte...

Mi fermo
a scambiare
parole di cortesia
con te:
il tempo...,
il mare...,
si prevede scirocco, stanotte...
frasi consuete
luoghi comuni.
Ma il vero dialogo
lo scambiano
i nostri occhi,
muti,
persi gli uni negli altri,
che dicono parole
vietate alla voce .
I tuoi occhi ardenti
chiedono ai miei.
I miei occhi ardenti
rispondono ai tuoi.
Ti voglio...
mi vuoi...
son tua...
Quando verranno le parole,
se verranno,
non potranno aggiungere niente
a ciò che gli occhi
si sono già detti.
Fedra

mercoledì 22 luglio 2009

Non te lo dice nessuno

Non te lo dice nessuno.
Cresci con l'idea che avere figli sarà il più grande dono che la vita può farti. Il tuo completamento. Il fine ultimo e più alto della tua esisitenza. Un figlio! La gioia più grande. Lo sanno tutti. Lo dicono tutti. Lo percepisci, ascolti, respiri continuamente. E tu ci credi. E non aspetti altro.
Ma non te lo dice nessuno che avere un figlio è un salto nel vuoto senza paracadute. Che ti lascia sola alla mercè della vita, fragile come non mai, completamente indifesa, esposta al dolore smisurato ed inimmaginabile di poter un giorno assistere al dolore o alla perdita di un figlio. Non te la racconta nessuno la paura folle, immensa, che ti assale difronte alla tragica fragilità del tuo piccolo. Così invadente e subdola da non percepire più altro. Così opprimente e dolorosamente fatale che non riesci a vedere via di uscita. Che ti sembra che l'unico modo per liberarsene sia farla finita. E neppure lo smarrimento, la solitudine, lo scoramento e ancora e sempre, accanita e costante, la paura. Una paura che non sai controllare, che non comprendi, che non riesci a confessare. E' l'angoscia di chi vive sull'orlo del baratro. In bilico sul precipizio. E' disperazione muta, senza speranza. Che non si spiega, non si comprende, non ha giustificazioni. Eppure è lì, dentro di te. Ed allora ecco il senso di colpa, perchè certi sentimenti proprio non li dovresti provare. Non ora! Non nel momento in cui dovresti essere più felice e serena. Non quando dovresti toccare il cielo con un dito ed invece ti sembra di essere sprofondata all'inferno.
A te, raggiante, col pancione in bellavista, che ti apprestavi a scegliere tutine e passeggini, non l'ha detto nessuno. E ora sei sola difronte ad un'angoscia che non ti aspettavi, che non prevedevi, che non sai gestire.
La disperazione, la solitudine, lo smarrimento, la paura di non farcela, l'angoscia che assale molte madri vengono costantemente censurate, occultate, negate. Non sono socialmente accettabili. Contraddicono la bella e romantica immagine delle infinite gioie della maternità, smentiscono l'illusione di madri felici e perennemente sorridenti (nonchè perfettamente truccate anche appena alzate) di casa al Mulino Bianco. Ma ci sono. Fantasmi funesti che cerchiamo di tenere a bada. Con grande difficoltà e a scapito del proprio equilibrio mentale. Lasciate sole a combatterli. E quando prendono il sopravvento è troppo tardi...
Sento spesso commentare sulla spiaggia, in fila alla posta, nella sala d'attesa del medico: "Come si fa ad uccidere il proprio figlio? "
Io annuisco ma, in fondo al cuore, in realtà, mi stupisco che così tanti bambini sopravvivano alla disperazione e alla solitudine delle loro madri.
Il silenzio è complice di molte strazianti tragedie familiari.

sabato 18 luglio 2009

Faccio outing!

Ieri sera ho partecipato ad una cena organizzata per festeggiare la conclusione degli allenamenti e dei tornei della squadra di calcio del Piccolo. Non avevo alcuna voglia di andare, lo ammetto! Conosco i genitori solo di vista, con qualcuno ho scambiato qualche parola ma niente più. Ovviamente Fred era al lavoro. Arriviamo puntuali, io recalcitrante, il Piccolo saltellando felice. Mi accorgo subito che ho sbagliato look: le mamme son tutte vestite da discoteca e sono appena uscite dal parrucchiere. Ho un attimo d'imbarazzo, mi sento diversa, fuori posto. Il tempo di formulare quel pensiero insidioso e son conquistata dal locale. Hanno apparecchiato in giardino: le tovaglie son a quadretti rossi, sopra tavoli in legno; ci sono fiori e piante aromatiche dappertutto. Il clima è gioviale, genuino, da vino rosso, focaccia al rosmarino e mortadella profumata. Comincio a rilassarmi. Decido di non farmi turbare dalla consueta e banale divisione tra maschi da una parte e femmine dall'altra; solo all'allenatore è tacitamente consentito di sedere vicino alla sua ragazza, come se fosse socialmente condiviso che solo quando la coppia si è formata da poco deve stare vicina (caso mai avvertisse l'urgenza improvvisa di procedere ad un'accoppiamento?).
Cominciano le "chiacchiere" delle femmine: parlano di unghie! Smaltate, con il french, con i disegnini applicati, curate, lunghe. Una mamma sfoggia le sue, fresche di manicure. Si leva un coro di apprezzamenti. Nascondo le mie mani, con le unghie corte e le pellicine mangiucchiate sotto il tavolo. Vabbè, mi inserirò al prossimo argomento. In sottofondo una piacevole musica diffonde note leggiadre, accompagna il suono dei grilli. All'improvviso un uomo anziano si avvicina al musicista, chiede di cantare, gli viene offerto il microfono: intona una canzone napoletana struggente, con una voce intonata, roca, vissuta. Sono estremamente coinvolta. Non mi accorgo che il "mio gruppo" disapprova: ridono forte sul testo obsoleto e sorpassato, sull'impegno del "vecchio", consigliano, in coro, altre canzoni più moderne, più sprint, meno sonnolente... Comincio a dubitare sulla possibilità di trovare un argomento che ci accomuni. Parlano di viaggi. Finalmente! Potrò partecipare alla conversazione e strapparmi di dosso quest'immagine da eremita-fuori dai tempi e antipatica che vedo riflessa nei loro sguardi. Ma cosa stanno dicendo? Ah, si, "una" è appena tornata dalla crociera in Grecia e in Turchia. Stanno condividendo il fatto che la cosa più bella delle crociere è il "clima lussuoso" che si respira all'interno: accappatoi e asciugamani preparati a forma di conchiglia, fiori di benvenuto, cocktail e spuntini in banchetti sontuosi... Sono disgustata: IO non parlerò con loro. Mi sposto nel gruppo dei Piccoli: sono allegri, festosi, giocano senza sosta. Meravigliosi. Ancora intatti. Sono fuori posto anche lì ma sto decisamente meglio. Finisco così la serata, torno a casa furiosa, comprendendo ancora meglio PERCHE' BERLUSCONI VINCE SEMPRE, e incazzata con il mio snobbismo di sinistra che pur tra mille pensieri, riflessioni e polemiche varie, non mi ha consentito di dire la mia!

venerdì 17 luglio 2009

MA CHE ALTRO DEVE FARE PER ESSER CACCIATO VIA?

Il G8 è finito ormai da una settimana. Niente è cambiato.
All'alba del G8 il Presidente Napolitano aveva chiesto una tregua. Sembrava volesse dire: "State boni, sorridete e fate finta di niente, perchè qui sennò si fa una figura di merda tutti quanti". O almeno io l'avevo interpretato così il suo invito.
Ora il G8 è passato. Passata la paura di domande imbarazzanti, di foto oscene, di gaffes imperdonabili, del dileggio internazionale, di assenze ingiustificate. Tiriamo un sospiro di sollievo e ringraziamo il cielo ma ora... Ora non è più il momento di tacere, di far finta di niente. Gli ospiti sono andati e la polvere nascosta magistralmente, ma non troppo, sotto il tappeto è ancora là.
Passata la tregua in nome del bene comune, io vorrei sentire urlare una parola: DIMISSIONI!
Vorrei che l'opposizione insieme alla maggioranza e alla sinistra ormai extraparlamentare, i giornali, l'opinione pubblica, i sindacati gridassero tutti in coro: A CASA!!!
Perchè ha disonorato la sua famiglia, i suoi figli e il suo stesso nome,
ha screditato il nostro Paese, lo ha tradito, ingannato, gettato nel fango,
ha mentito ripetutamente a noi tutti e con gran faccia tosta,
ha tradito i suoi elettori che, speranzosi, gli hanno dato fiducia,
ha infangato i suoi alleati che invano tentano di difenderlo,
ha screditato tutti noi, il nostro lavoro e il lavoro dei nostri padri, che con fatica e mirabile impegno ricostruirono questo Paese devastato dalla guerra.
Quest'uomo che ci umilia continuamente agli occhi del mondo DEVE ANDARSENE!
Se fossimo un paese serio pretenderemmo TUTTI le sue dimissioni al più presto.
Ma siamo un paese senza vergogna. Un paese senza pudore. E senza speranza.
Trovate la vignetta insieme a molte altre spassosissime su: http://www.gavavenezia.it/

mercoledì 15 luglio 2009

TRENI PERSI...

Ho sempre ascoltato con perplessa ammirazione molti (perchè davvero lo sostengono in molti) affermare, con una certa solennità, che potendo tornare indietro non cambierebbero niente della loro vita, che potendo rinascere rifarebbero tutto nello stesso modo. Senza rinnegare niente del proprio passato, riconoscendo utili anche gli errori, i colpi di testa, i passi falsi. Forti di un luogo comune che ritiene che è meglio aver rimorsi che rimpianti. Come se fosse accettabile sbagliare per eccesso ma non per difetto. Cogliendo prontamente ogni occasione, senza lasciarsi sfuggire nessuna opportunità, azzannando la vita voracemente, succhiandone il midollo con avidità. Vivendo al massimo, appunto.

Io non sono così.
Nel viaggio verso il mio destino allaccio cautamente la cintura. Attraverso la vita con il freno a mano tirato. Non mi butto, rifletto. Tentenno, dubito, indugio, temporeggio, esito, rimando, mi defilo.
Ecco che, dunque, di rimpianti ho pieno lo zaino.
Rimpiango di aver preso la strada più battuta senza osare percorsi diversi,
di non aver saputo nè voluto mai rischiare,
di non aver mirato in alto, di essermi accontentata,
di non aver avuto abbastanza costanza per scrivere un libro,
di non aver dato nè chiesto spiegazioni, chiusa nel mio orgoglio,
di non possedere sufficiente determinazione nel coltivare i miei talenti,
di non essere stata così coraggiosa da mettere al mondo un altro figlio.
Rimpiango le parole d'amore non dette,
la rabbia trattenuta, le porte che non ho sbattuto,
i viaggi che non ho fatto, sempre attenta al bilancio familiare,
gli amanti che ho rifiutato, le lacrime che non ho pianto,
i libri che ho prestato e che non mi hanno restituito,
i dischi in vinile della mia infanzia, buttati chissà dove.
Rimpiango molte amicizie sincere perdute per strada,
un amore adolescenziale mai consumato,
e molto altro di cui preferisco tacere.
Ma cos'è il rimpianto se non quella struggente nostalgia di ciò che ci è sfuggito, come sabbia fine, dalle dita? Se non il desiderio malinconico di quanto poteva essere e non è stato? O la consapevolezza amara di aver compreso troppo tardi?
Ciò che non si è compiuto lascia un'orma indelebile dentro di noi. Dal passato lancia un richiamo irresistibile. Si radica dentro di noi e resta lì per sempre, nascosto ma indimenticato.

martedì 14 luglio 2009

OGGI SCIOPERO!

No sex no city aderisce all'appello di Diritto alla Rete contro il DDl alfano che imbavaglia la Internet italiana e oggi non pubblicherà post.

domenica 12 luglio 2009

LA RESILIENZA

La resilienza, in ingegneria, è la possibilità di un materiale di resistere a forze di rottura, in biologia è la capacità di autoripararsi dopo un danno, tra gli esseri umani è l'attitudine ad affrontare e superare le avversità della vita. Tutto qui. Niente di eccezionale. Persino un pò scontato e poco interessante. A meno che tu non abbia conosciuto uomini, donne, bambini resilienti. Allora la prospettiva cambia. Senti l'urgenza di scoprire il loro mondo, non puoi fare a meno di affannarti a capire "di che pasta son fatti", cosa li tiene insieme e quali sono gli strumenti che fan muovere i loro ingranaggi. Il resiliente ti trasforma, inevitabilmente, in un goloso che si gusta una fetta di torta profumata e farcita: sei assalito dalla curiosità di scoprire gli ingredienti uno a uno, di trascriverti le dosi e informarti su tutti i passaggi che han contribuito a creare quell'impasto meraviglioso. Ma la storia del resiliente non ha buoni ingredienti. Contiene spesso genitori in difficoltà, che son stati anche loro bambini trascurati, abbandonati, dimenticati. Ha a che fare con coppie in crisi, coniugi delusi e amori "sbagliati". Prevede separazioni, violenze, lutti. Se è un bambino ha cambiato tante scuole, diverse case. Ha assistito ai licenziamenti del padre, si è vergognato della madre che è sempre diversa dalle altre mamme, ha aiutato a riempire gli scatoloni nei giorni dello sfratto, si è tappato le orecchie con forza per non sentire gli insulti che i grandi si sono scambiati tra loro, ha ascoltato giudizi sconvenienti diretti ai loro genitori da nonni, insegnanti, vicini di casa e zii. Ed è stato quasi sempre poco ascoltato. Come può venirne fuori un buon piatto? E' come pensare di cucinare mettendo insieme alimenti avariati, sale e zucchero, bucce e gusci. Eppure, spesso, il risultato è sorprendente, misterioso, commovente. Dalle macerie escono uomini con risorse, tenacia, ottimismo e fiducia negli altri. Non perfetti, ma capaci di affrontare il mondo. In grado di rialzarsi e rimettersi in marcia. Uomini a cui va la nostra stima. Che, senza saperlo, infondono anche a noi fiducia nella vita. Cosa è intervenuto a nostra insaputa? I geni? L'ambiente esterno? Le relazioni? La fortuna? Dio? Non sono in grado di dare risposte. Mi allontano dai dogmatismi. Ma nel ripercorrere le storie dei "resilienti" un'ingrediente si trova sempre, tra gli altri: è l'"adulto soccorrevole", quello che ha prestato orecchio e cuore a questi bambini,per un tratto della loro strada sconnessa. E' l'insegnante, il prete, l'educatore, il vicino di casa, il nonno, la zia, la mamma di un compagno di scuola. Li han presi per mano e gli han dato un pò del loro amore. Nient'altro.

Casa dolce, casa mia...

Sono a pezzi. Potevo andare al mare, sdraiarmi a prendere il sole e leggere il giornale ed invece ho passato la domenica a pulire casa, piegata sulle ginocchia a tentar di lavare il parquet. La polvere continuava a riaffiorare ed io a rilavare tutto da capo... Sempre giù, china. Per tre ore consecutive! Chissà domani che chiappe dure avrò!
La verità è che ho una gran VOGLIA DI CASA. Di fiori sul balcone, di una cassetta delle lettere con sopra i nostri nomi, di vedere i miei libri tutti perfettamente in fila sulla libreria e non più accatastati negli scatoloni. Ho voglia di perder tempo a riordinare (lo avreste mai detto?), a spazzare il mio piccolo cortile, a studiare come appendere i quadri...Ho VOGLIA DI CASA, di una casa che profumi di soffritto e sugo sui fornelli, di vetril e di carta.
Ho bisogno di sentirmi finalmente a casa, a CASA MIA!

sabato 11 luglio 2009

Ci sono amiche..son qui! Almeno per il momento..ma voglio dirlo sottovoce..! Vi sto leggendo...piano piano. Ma quante cose mi sono persa?? Mi siete mancate da morire,ho scoperto facce nuove,letto post interessanti,commoventi,divertenti. La nostra mansarda..e tutte voi..quanto mi siete mancate! Un abbraccio a tutte!! Baci, Vostra Samantha.

12 novembre 2011: VIVA L'ITALIA LIBERATA!!!

12 novembre 2011: VIVA L'ITALIA LIBERATA!!!
L'Italia è sull'orlo del precipizio, ci aspettano mesi di tagli e manovre "lacrime e sangue", l'opposizione è inesistente e Mario Monti non è il nostro eroe ma almeno...BERLUSCONI SI E' DIMESSO!!!

SE NON ORA QUANDO?

SE NON ORA QUANDO?
FIRENZE, 13 FEBBRAIO 2011.