FRANCESCO MUSANTE

FRANCESCO MUSANTE
UNA ROSA LA LUNA E LA NOTTE INTERA PER PENSARE A TE

La materia dei libri è costituita dalle sottigliezze della vita.

La materia dei libri è costituita dalle sottigliezze della vita.
I bambini non ricorderanno se la casa era lustra e pulita ma se leggevi loro le favole. Betty Hinman

sabato 20 novembre 2010

DELLA GIOVANNA E ALTRO...

Ne abbiamo parlato per anni, nelle nostre riunioni a tre: io, Miranda e Samantha, trattandola, come massoni, alla stregua di un personaggio scomodo o, comunque, da nascondere. L'ho citata, senza definirla, in uno dei primi post di questo blog, quando era ancora una mansarda frequentata solo dalle proprietarie. L'abbiamo sempre trattata benevolmente, con ironia, senza subire troppo il suo condizionamento. Ora esco allo scoperto e ve la presento: la Giovanna" o, se preferite, la "Giovannona" (e guai a omettere l'articolo), è quel simpatico rotolino che fuoriesce dal jeans a vita bassa, che spunta da una bella maglia attillata in prossimità del giro vita, che fa capolino davanti allo specchio proprio mentre ti provi il vestitino nuovo appena acquistato. E' strana la Giovanna, spesso è talmente subdola da starsene nascosta durante tutto l'acquisto: nel camerino, davanti alla commessa, mentre ti osservi critica, e di uscire prepotente a casa, quando ti mostri a tua madre, a tuo marito, ai figli. Stamani, Miranda e io, siamo andate ad una meravigliosa lezione di letteratura. Lo ammetto, nel prepararmi, cercavo di farmi carina. Ma la Giovanna stamani ha deciso di non darmi tregua. Intanto voleva venire a tutti i costi con me. Hai voglia a convincerla cambiando i jeans, mettendo i pantaloni neri, indossando la maglia più lunga. Non si toglieva da lì, cocciuta e prepotente! In effetti, ultimamente, le ho dato spago facendola fraternizzare con gelati, snack, patatine e focacce, e lei se ne approffitta! E' pensando a questo che mi è venuta l'idea di una strana analogia tra la Giovanna e i figli. Intanto ognuno ha la Giovanna che si merita, in più, è anche vero che, come con i figli, ciò che a te sembra grave non lo è per me...Può succedere di lamentarsi per una Giovanna che, ad un altro, farebbe invidia, o di penarsi per un figlio che, visto con occhi altrui, è meraviglioso nella sua complessità e stravaganza. In più, anche la Giovanna, come i figli, si reggono meglio se chi ti sta intorno ti aiuta a sdrammatizzare, se te li mostra nelle loro virtù, se, in una parola, ti dà una mano a trastullarli. E' proprio questo che ha fatto, stamani, l'omino della benzina (non è più poetico di benzinaio?): son scesa mentre mi riforniva di carburante, gli ho chiesto indicazioni sulla strada dove si teneva il seminario, l'ho ringraziato sorridendo e lui, ammiccante, ha risposto: "No, grazie a lei, che è proprio un bel vedere!". Il risultato? Sono scesa dalla macchina complessata dalla Giovanna, son risalita strafiga e irraggiungibile. Una sgommata e...via! Accanto a me una perplessa Miranda.

lunedì 8 novembre 2010

MALGRADO NOI...

Lunedì mattina, dopo aver viaggiato tutta la notte, siamo finalmente sul traghetto alla volta di Ischia. Non ci lasciamo turbare dal mare forza otto, dall'alluvione che ha invaso la nostra città, dalla stanchezza che si insinua prepotente. Siamo insieme, stiamo andando in vacanza per un'intera settimana, questo ci basta. Ci guardiamo sorridenti, Fred, come al solito, ammicca, mi abbraccia, i nostri figli ci lanciano battute, giochiamo con le parole. Veniamo sballottati dalle onde come in un tagadà; l'aria è piena di un odore acido, ma ci perdiamo a osservare i gabbiani, la scia della nave, le isole sparse. C'è pure la televisone in un angolo: schermo piatto, gigante. Mi chiedo se in uno scenario naturale che toglie il respiro fosse indispensabile distrarre i viaggiatori in tal modo. E' un attimo. Il tempo di gettare uno sguardo veloce sullo schermo, di rendermi conto che stanno proiettando il telegiornale, di capire che stanno parlando proprio della mia città, di realizzare ciò che la cronista sta dicendo. E' un attimo. Poi la tragedia ci invade: hanno perso la vita una mamma e un bambino, persone che conosciamo molto bene, che vivono nel nostro paese. La loro casa è crollata a causa di una frana provocata dalla pioggia incessante delle ultime ore. Il marito, il padre, si è spaccato le mani nel tentativo di salvarli, di tirarli fuori dal fango; nelle orecchie il pianto del suo bambino di due anni, che sicuramente ha solo creduto di sentire...Il viaggio sul traghetto da Napoli ad Ischia lo ricorderò, negli anni a venire, come una perfetta metafora della vita; mi sono ripetuta, almeno mille volte, che pur avendo milioni di motivi per lasciarmi andare alla tristezza, avevo l'obbligo, verso i miei figli, verso mio marito, verso me stessa, di reagire e godermi quelle giornate tanto programmate, in un'isola meravigliosa che visitavo per la prima volta. Abbiamo vissuto giornate da sogno, con un sole partecipe che ci ha permesso bagni all'aperto, in acqua termale, benefica, calda. Ci siamo concessi massaggi rilassanti profumati all'olio di mandorla, resi ancora più suggestivi da lampade soffuse e musiche soavi. La forza dell'istinto vitale ha giocato, in questa settimana, con l'angoscia per la morte delle persone che amiamo. Ho pensato spesso a quel padre, alla figlia adolescente che si è salvata solo perchè era andata con gli amici a festeggiare Hallowen, al dolore incolmabile di fronte alla perdita. Li ho ricordati insieme; li vedevo solitamente in spiaggia, uniti, speciali nella loro normalità, una famiglia come tante. Ho pensato ancora di più al mio di dolore, inutile negarlo. Mi sono identificata, come è tipico nell'egoismo umano, ed ho pensato a come potrei vivere io una simile perdita. Immersa nel tepore quasi amniotico di quelle acque, coinvolta dalla bellezza della spiaggia di Sant'Angelo, incantata dall'imponenza del Castello Aragonese, ho fermato i pensieri sulla fragilità della vita, sulla sua vacuità. E, come spesso mi succede in simili circostanze, pur toccando l'impotenza umana ho avvertito il mistero dell'esistenza, la possibilità che esistano potenzialità ignote che, a fronte di dolori tanto profondi, ci giungano inaspettate e consolatorie, come una mamma sempre pronta ad accudirci, malgrado noi.

venerdì 5 novembre 2010

LA BIONDA DEL CAPO

Da poco laureata, avevo trovato lavoro in un negozietto del centro che vendeva tabacchi e giornali. Passava da lì ogni mattina una moltitudine di gente svariata, studenti, mamme coi figli da accompagnare a scuola, casalinghe in cerca della fortuna promessa dai "grattini", professionisti per il giornale o qualche marca da bollo. Era nostro cliente anche il Direttore della Banca più importante della città. Da poco trasferito, era un cinquantenne di ricercata eleganza, un po' appesantito dall'età, i capelli radi, e due occhi magnetici color verdemare. Occhi intriganti, arditi, che ti lasciavano nuda. Ogni volta che attraversava la piazza, mi lanciava, attraverso i vetri, sguardi appassionati ed insistenti che ricambiavo con timidi cenni di saluto. Mi lasciava stupita e turbata. Ma soprattutto mi lusingava. Un giorno si fece più audace e mi invitò a prendere un caffè. Non conosco nessuno, sono nuovo in questa città e lei mi sembra così gentile, mi disse. Accettai, incuriosita, compiaciuta, e, per qualche strano motivo, anche attratta dalla situazione. Sarà che avevo passato gran parte della mia vita col naso tra i libri a rimuginare sulle tesi paranoiche di Hegel e sul pensiero visionario di Marx. Sarà che la mia laurea in filosofia, per cui avevo tanto faticato, giaceva inutile ed inutilizzata in un cassetto. Sarà che avevo da poco sposato il grande amore della mia vita, che era stato il primo, l'unico e il solo. Sarà che ero cresciuta in un piccolo paesino della provincia, e avevo più sogni che occasioni concrete. Sarà che ero stanca di tentare concorsi su cui rimbalzavano le speranze di migliaia di povericristi come me. Sarà che avevo, fino ad allora, più sognato che vissuto, conosciuto più poesie che persone e un'esperienza del mondo mutuata quasi esclusivamente dai libri. O, forse, sarà semplicemente che abbiamo istinti nascosti di rivalsa, di rivincita a tutti i costi che spesso stentiamo a riconoscere ma che sono forti ed innati in noi. Fatto sta che le attenzioni garbate ma costanti del Direttore incomprensibilmente mi gratificavano. Come se questa mia ascendenza su di lui potesse offrirmi un qualche potere, una maggiore considerazione, una possibilità di successo e di gratificazione in via indiretta. Come se potesse concedermi una qualche possibilità di riscatto facile e immediato, una rivincita sul mondo, che nessun merito mi avrebbe mai dato. O potesse aprirmi certe porte e fornirmi allettanti occasioni. Essere una Bionda del Capo poteva avere i suoi vantaggi. Me ne rendevo conto con un certo incredulo stupore. Eppure mi pervadeva, al pensiero, una sottile esaltazione, un'ambigua ed inquietante eccitazione. D'un tratto sembrava tutto così facile, accessibile, a portata di mano.
Potete immaginare il mio smarrimento ed il mio imbarazzo nello scoprire dentro di me, giovane donna emancipata, femminista di seconda generazione, sognatrice imperterrita, comunista ostinata, dottoressa di filosofia con la vocazione dell'insegnante, una Lori Del Santo qualsiasi, una Tinì Cansino dei poveri.
Inutuile dire che la storia finì lì. Anzi per la verità non iniziò mai. Dopo che avevamo stabilito di darci del tu, di fronte al caffè e al mio succo di frutta che non ne voleva sapere di scivolare nel mio stomaco chiuso, il Direttore mi offrì generoso il suo aiuto: Se tu avessi bisogno di qualcosa... di qualunque cosa, io vorrei poterti aiutare,... vorrei, ecco, che tu ti rivolgessi a me per qualsiasi cosa... Di colpo, istintivamente, tornai a dargli del Lei, umiliata da quel corteggiamento che mi appariva come una trattativa commerciale. E così tornai ad inseguire i miei modesti sogni di una famiglia, di una casa di proprietà, di un lavoro da insegnante. Ed un anno dopo col pancione tenevo le mie prime lezioni di grammatica ad una scolaresca rumorosa e distratta.
Ho fatto le mie scelte e ne sono felice. Ma vorrei capire cosa spinge noi donne a sentici più sicure, più forti e meno indifese sotto la protezione di uomini potenti ed influenti. Quale bisogno ancestrale ci fa cadere in questo tranello?

lunedì 1 novembre 2010

UOMINI E SESSO:

AVVERTENZE PER L'INCAUTO LETTORE:
questo post è stato scritto senza l'approvazione di Wilma e Samantha.
Da quando, per un anniversario di matrimonio, per gioco o, forse, per scherno, ci hanno regalato un luminescente vibratore blu elettrico, mio marito ha cominciato a coltivare una sua fantasia personale. Ogniqualvolta capitava che io entrassi più tardi al lavoro lui non faceva che ammiccare ed alludere: cosa fai ora tutta da sooooola? indicando con lo sguardo il cassettone in fondo al quale era ben nascosto il goliardico oggetto del piacere. Dapprima io, naturalmente, smentivo categoricamente e rinviavo al mittente ogni allusione, rimproverandolo pure un poco: non fare lo scemo, ma cosa ti viene in mente? Tanto non ho niente da fare!
Mi stupiva il fatto che pensasse che per una donna un vibratore potesse sostituire o anche solamente surrogare un uomo. Come se il sesso si riducesse semplicemente ad uno sfregamento ritmico o ad una stimolazione meramente fisica. E non fosse invece soprattutto incontro, intimità, conoscenza dell'altro e di sè attraverso l'altro. Come se non si avvalesse anche di sguardi complici, di carezze audaci, di frasi d'amore, di parole, paroline e magari parolacce. Di odori e percezioni. Di abbracci e di contatti. E l'uomo non fosse altro che il suo membro e non anche occhi che conversano e mani che cercano. Pelle che odora, vibra, sussulta. Respiro e sospiri.
Comunque con il tempo, un po' per scherzo, un po' per sfinimento, ho cominciato ad appoggiare queste sue fantasie... ammiccando pure io, lasciando intendere chissachè, sorridendo provocante ed entusiasta. Insomma era diventato un gioco tra di noi. Una sorta di rito innocuo e leggero, di scherzosa finzione...
Finchè un giorno, tirando fuori l'ambiguo giocattolo, mio marito scopre che le batterie sono scariche. BECCATA!!! Me lo fa notare sorridente e malizioso. E, come non ammetterlo, molto soddisfatto per AVER CAPITO TUTTO! Io cado dalle nuvole, mi mostro alquanto sbalordita... Ma lui non ci casca: no, non è mica scemo LUI!
Allora si decide a cambiar le pile e scopre che... non sono affatto esaurite bensì... OSSIDATE!!!
Ma veramente aveva creduto che....??? E cosa pensava: che erano i folletti a stirare quelle pile di magliette, a cuocere quei pentoloni di ragu, a spolverare uno per uno i vari soprammobili, a tener pulito il giardino e via dicendo?
Bah... Gli uomini!!!

12 novembre 2011: VIVA L'ITALIA LIBERATA!!!

12 novembre 2011: VIVA L'ITALIA LIBERATA!!!
L'Italia è sull'orlo del precipizio, ci aspettano mesi di tagli e manovre "lacrime e sangue", l'opposizione è inesistente e Mario Monti non è il nostro eroe ma almeno...BERLUSCONI SI E' DIMESSO!!!

SE NON ORA QUANDO?

SE NON ORA QUANDO?
FIRENZE, 13 FEBBRAIO 2011.