La
ragazza che ero, l'ho persa di vista da tempo
faticherei
a riconoscerla, se la incontrassi.
Ne
ricordo, con un certo imbarazzo, alcuni tratti:
il
razionalismo ottuso, l'orgoglio, il puntiglio
e una tenerezza struggente di cui vergognarsi
le
lacrime facili, gli scoppi d'ira, le risa senza motivo
e
una fragilità ben nascosta dietro una maschera d'arroganza.
Incontrandola
oggi, troppe cose di lei non mi piacerebbero:
la polemica vana, come difesa l'attacco,
una certa indolenza, la scarsa tenacia,
una certa indolenza, la scarsa tenacia,
l'incapacità
di mediare, di fermarsi a pensare,
l'illusione
di poter tracciare un confine netto tra bene e male,
senza
riconoscere terre di mezzo, sfumature, zone grige.
La
ragazza che ero ha molti debiti nei miei confronti:
i
viaggi sempre rimandati, l'inglese che non ha imparato,
i
libri che ha letto e quelli che non ha letto,
i
sogni a portata di mano preferiti ai sogni impossibili,
le
nottate trascorse sui libri in cui dormiva beatamente.
La
ragazza che ero
stento
a credere di averla mai incontrata,
di
lei però qualcosa mi resta:
il
candore, coltivato con devozione.
Questo
è il mio unico debito.