Non è mai facile un ritorno
Non è impresa da niente
Ma finalmente arriva il giorno
che tu fai pace con te...
Renato Zero
E' vero tornare a casa non è un'impresa semplice perchè non si riduce affatto ad un mero movimento nello spazio, ad uno spostarsi da un luogo ad un altro. Tornare significa soprattutto muoversi nel tempo, ritornare sui propri passi, ripercorrendo strade già battute, misteriosamente familiari. E' il riaffacciarsi inevitabile e talvolta dolente del passato coi suoi bilanci rigorosi, la sua contabilità implacabile, i suoi resoconti amari. E' il ricordo inaspettato che riaffiora di ciò che si era, e di ciò che si sognava di diventare. E' la nostalgia per quanto si è perduto per strada, per i sogni ridimensionati, riposti, abbandonati o rimpiazzati. Ma è anche lo scoprirsi con stupore cresciuti, più forti, meno vulnerabili, cambiati ma non troppo, ancora capaci di commuoversi con poco, di ridere per un niente. E' il riuscire a chiamare per nome le emozioni, la scoperta che certe ferite fanno con il tempo meno male, che certi legami resistono alla lontananza, alla vita che passa ostinata. E' il riconoscere dietro i segni del tempo sorrisi amici e volti familiari. E' il dover fare i conti con i legami recisi, trascurati, che parevano dimenticati, sepolti sotto quel cumulo di trascorsi, beghe quotidiane, nuovi affetti, preoccupazioni, progetti realizzati e progetti ancora da pianificare, gratificazioni, dolori grandi e piccoli che fanno una vita.
Così ora mi capita spesso di incrociarlo per strada. E non sapere mai se salutarlo. E' stato il mio primo amore. In quegli anni in cui ogni amore è il primo. Il primo di qualcosa. Il primo inseguito a vuoto ed il primo a cui non sapere come dire di no. Il primo per rompere il ghiaccio e sentirsi grandi. Il primo solo perchè piace alle amiche. Il primo del primo bacio. Il primo scritto con le penne profumate in tutte le pagine del diario di scuola. Il primo che ti aspetta sotto casa, il primo a telefonarti lasciando tuo padre smarrito e senza parole mentre ti porge la cornetta (quando c'erano ancora le cornette ed il telefono era uno per tutta la famiglia). Il primo del primo appuntamento sotto la locomotiva in Piazza del Mercato. Il primo delle prime fugaci carezze dopo una corsa in vespa fino al mare. Una moltitudine di primi amori o meglio di tentativi d'amare che ci conducono passo passo, una tappa dopo l'altra, sulla strada del Vero Amore. Dunque Lui è stato uno di questi primi amori. Il primo di cosa? Il primo taciuto, non confessato, rimasto segreto. Il primo da proteggere da ogni sguardo, da tenere solo per sè. Il primo troppo vero, troppo intenso da poter essere condiviso con le amiche. Così coinvolgente da aver voglia di fuggire, così palpitante da far paura e pure un po' male. Il primo nato e finito solo dentro di me. Impalpabile, irreale eppure così febbrile. E Lui? Troppo bello, troppo grande, troppo serio. Irraggiungibile. Figurarsi se mi avrebbe mai considerato... Paure e dubbi da adolescenti. Gli stessi, quelli di sempre, di ogni generazione di ragazze. E così, non vedevo che passava instancabile ogni pomeriggio sotto le finestre di casa mia. Non mi stupivo di trovarlo imperterrito ogni giorno all'uscita di fronte al portone della mia scuola, nè mi chiedevo perchè mi aspettasse alla fermata dell'autobus ogni volta che tornavo. Troppo insicura, troppo impaurita per capire. Forse aveva anche lui le mie stesse paure? Il timore di esser rifiutati, derisi, non voluti. E la paura, ancora più grande, di scoprirsi innamorati, contraccambiati, voluti. Quell'amore svanì nel nulla, travolto dall'incalzare incessante e impetuoso della vita, di altri incontri, di altre storie, di altri amori. Mi resta un ricordo. Uno dei più belli ed emotivamente intensi della mia adolescenza. Una sera d'inverno noi due sotto l'ombrello a ripararci dalla pioggia. Tutt'intorno il vociare festoso degli altri. Tra di noi il silenzio, interrotto solo da quel milione di parole che i nostri occhi, incollati gli uni negli altri, riescono finalmente a gridarsi. Vicino a noi ridono, scherzano, chiacchierano, gli altri. Ma per me sembra non esistere altro. Solo i suoi occhi e quello che credo di leggervi dentro. E una felicità incontrollabile e violenta che mi coglie d'improvviso. Pochi istanti poi la magia finisce e tutto torna a girare normalmente. Non mi resta altro. Se non la voglia di sapere se, anche lui ricorda quella sera...
6 commenti:
Mentre scorrevo le righe del post,mi è preso un groppo in gola...mi hai riportato a galla ricordi sopiti da tempo. E mi faccio la stessa tua domanda: chissà se anche lui, ogni tanto andrà con la memoria a quei giorni...
Che emozioni Miranda...Bentornata! La mansarda ha risentito della tua assenza! Samanthaaaaa???!!!! Se ci sei batti un colpo!
Suvvia Miranda!!! Salutalo e invitalo per un caffè al bar..troppo belli certi ricordi per far finta di nulla, ora siete grandi, e fa bene, ricordare la tenerezza.
Me lo avevi accennato qualche giorno fà,ma leggerlo è stato più bello..
Quanti ricordi,sensazioni e odori mi ci hai fatto riaffiorare!
Concordo con Kyra..un sorriso ed un saluto secondo me ci stanno bene..; )
ps: @Wilma..ero senza connesione..e immagina il perchè!!!!
Le emozioni che ci lasci descrivendo questo amore, così tenero e lontano, costringono a chiudere gli occhi, e a scendere giù giù, sino al principio dei ricordi.
Conserva quella magia cara Miranda, tienila stretta e frena quella voglia di "sapere."
C'è un nostro mondo da proteggere e preservare: Quello dei ricordi. Perchè ad essi ci attacchiamo quando arriva la malinconia, e a volte è quella la via che ci riconduce a noi stessi.
...Pavese diceva che gli unici amori eterni, sono quelli non consumati...
Un abbraccio.
Monteamaro, sono assolutamente d'accordo cone te! ...e con Pavese.
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