FRANCESCO MUSANTE

FRANCESCO MUSANTE
UNA ROSA LA LUNA E LA NOTTE INTERA PER PENSARE A TE

La materia dei libri è costituita dalle sottigliezze della vita.

La materia dei libri è costituita dalle sottigliezze della vita.
I bambini non ricorderanno se la casa era lustra e pulita ma se leggevi loro le favole. Betty Hinman

martedì 30 giugno 2009

C'E' UN SENSO?

Lo stesso giorno in cui si è spento Michael J., anche Graziano ha smesso di lottare. Graziano è un bambino che non ha ancora cinque anni, che non ce li avrà mai cinque anni. Nessun clamore per la sua scomparsa. I genitori troppo soli, troppo stanchi, troppo incurvati per reagire, lo hanno accompagnato silenziosi, con pochi amici, pochissimi parenti, nel suo ultimo viaggio. Lo hanno restituito alla terra che uniforma le differenze, uguaglia i ceti sociali, non tiene conto dei privilegi. Ho incontrato Graziano poco più di un anno fa. All'inizio era una diagnosi. Come spesso succede nel mio lavoro.Diagnosi infausta. Termini tecnici. Medici. Se già quelle specifiche parole mi avevano raggiunto come un pugno in pieno viso e mi avevano scatenato domande e interrogativi a milioni sul senso inafferrabile di certi gratuiti orrori, il giorno che ho incontrato i suoi occhi un segno è stato tracciato nel mio cuore, senza anestesia. Sono andata a trovarlo a casa sua. Ho suonato il campanello. Mi aspettavano. Mi ha raggiunto per prima la sua voce. Infantile. Squillante. Eccitata. "Sei venuta a giocare?". Ho trovato l'imbarazzo dei genitori per l'invadenza del bambino, il loro dolore inconsolabile. Fermi sulla porta scrutavano la mia reazione, indifesi. La voce era uscita da un volto senza capelli, da due occhi verdi, da una bocca che rideva, impropriamente, da due piccole gambette esili, da due manine che mi afferravano impazienti, per nulla interessate al mio ruolo professionale. "Sofferente e annoiato", così me l'avevano descritto i genitori, annientati dalla malattia. Graziano aveva capito che avrei portato gioco, svago, aiuto. Non era interessato a capire se l'avrei fatto io personalmente o avrei incaricato qualcuno. In quel momento c'ero io e non aveva intenzione di perdere tempo. Come un avventuriero che guida la sua banda alla ricerca del tesoro mi ha condotto nella sua cameretta. Un'esplosione di giochi, di colori, di peluche morbidi e personaggi divertenti: la parodia di un mondo inventato. Disperato tentativo dei genitori di tenerlo al riparo dalle bruttezze del mondo. Ho giocato con lui perdendo il contatto con la realtà: sono stata moto, spadaccina, orco e fata. E Graziano un bambino. Nient'altro che questo. Nel silenzio seguito alla sua scomparsa ho pensato spesso, tra l'altro, al futuro di quella cameretta, destinata a non crescere mai. A quei personaggi fantastici che rimarranno lì, polverosi, dimenticati, maledetti anche loro insieme al destino, a Dio, al mondo... Inutili e prepotenti, attaccati alla vita, ignari del senso del nostro essere qui. Rappresentazione fantastica dell'umana superficialità. Possibilità stupefacente di vivere emozioni, anche brevi, che non cambieranno la storia.

domenica 28 giugno 2009

Un passo solo

Se faccio un passo sono tra le tue braccia,
solo un passo tra te e me.
Un passo lungo una vita,
gravido di se e di ma
di emozioni sospese
di decisioni rimandate
di parole non dette.

Solo un passo tra te e me,

una distanza immensa,

mille i fantasmi che ci dividono:

le mie paure, il tuo orgoglio,

le mie scelte, il tuo silenzio,

la mia educazione, la tua delusione,

il tuo desiderio e la mia voglia di fuggire.

Solo un passo tra te e me.

Sei così vicino che sento l'aria vibrare al tuo respiro,

Solo un passo e tu sei tra le mie braccia.

Ma la paura mi incatena

e non riuscirò a raggiungerti.

Fallo tu per me.
Allunga la mano e prendimi.
Perchè non c'è bacio nè amplesso che valgano un abbraccio.
Abbracciami con forza
che non resti posto tra noi per la paura
Tienimi a te vicina ch'io smetta di tremare,
Stringimi così forte ch'io non possa più fuggire.
Un passo può essere lunghissimo se
una vita intera è occorsa tra te e me.
Ma tu...tu sei sempre stato DENTRO DI ME
perchè tu...
TU SEI NELL'ANIMA

Vado punto e a capo così

Spegnerò le luci e da qui

Sparirai

Pochi attimi

Oltre questa nebbia

Oltre il temporale

C'è una notte lunga e limpida,

Finirà

Ma è la tenerezza

Che ci fa paura

Sei nell'anima

E lì ti lascio per sempre

Sospeso Immobile

Fermo immagine

Un segno che non passa mai

Vado punto e a capo vedrai

Quel che resta indietro

Non è tutto falso e inutile

Capirai

Lascio andare i giorni

Tra certezze e sbagli

E' una strada stretta stretta

Fino a te

Quanta tenerezza

Non fa più paura

Sei nell'anima

E lì ti lascio per sempre

Sei in ogni parte di me

Ti sento scendere

Fra respiro e battito

Sei nell'anima

Sei nell'anima

In questo spazio indifeso

Inizia tutto con te

Non ci serve un perchè

Siamo carne e fiato

Goccia a goccia, fianco a fianco.

Gianna Nannini

venerdì 26 giugno 2009

PRIVATO o PRIVE'?

Se sento ancora la parola gossip o la frase occupiamoci dei reali problemi del Paese non facciamo più GOSSIP, io...io...io... davvero posso diventare pericolosa....
Il periodo che stiamo attraversando è davvero critico, per l'Italia e per il resto del mondo. La crisi economica a cui l'Italia pareva dovesse rispondere meglio degli altri ci sta stringendo in una morsa sempre più asfissiante. Stipendi e pensioni non bastatno più per tirare avanti ed anche i risparmi, messi via dalle famiglie italiane per i periodi di pioggia, stanno sempre più assottigliandosi. La situazione è disastrosa. Per non parlare della scuola, della sanità, delle morti sul lavoro, dell'emergenza Abruzzo.
Siamo tutti quanti molto preoccupati.
Ma non per questo possiamo chiudere un occhio sul comportamento scandaloso del Presidente del Consiglio.
Non per questo non siamo turbati dal continuo via vai di equivoci personaggi e donne a pagamento a Palazzo Grazioli, oggi residenza di Stato.
Non per questo non ci imbarazzano i vari articoli irridenti della stampa estera.
Non per questo possiamo tollerare che si scambino favori sessuali con posti pubblici o candidature.
Non avremmo voluto esser trascinati in questa storia. Non avremmo voluto esser sommersi da questo squallore, dal brilluccichio di strass finti delle farfalline in dono, da discorsi giustificazionisti di prostate operate e di gran amore per la vita, da promesse violate, ricatti e prestazioni videoregistrate. Proprio non avremmo voluto. Ma è il nostro Paese. Sono i nostri rappresentanti politici. E' la nostra televisione pubblica. Ci riguarda. Nostro malgrado.
Nando Dalla Chiesa sull'Unità controbatte a chi ci accusa di voler spiare dal buco della serratura 10 interessanti e condivisibili interrogativi sul Premier privato. Eccoli:
  1. A quanto pare il premier trascorre parte ragguardevole del suo tempo coltivando un universo di giovani donne. Pensando a invitarle, a intrattenerle, a inseguirle per telefono, a disegnare e acquistare regali per loro, a raccomandarle. Avere un capo del governo che si dedica a queste incombenze invece di lavorare per il paese, e che anzi per loro diserta appuntamenti ufficiali in cui è già stato annunciato, è un fatto privato o un fatto pubblico?
  2. Il capo del governo ha trasformato una sede privata (palazzo Grazioli) nella nuova vera sede della presidenza del consiglio. Alla luce di quello che abbiamo saputo, su questa scelta ha senz’altro giocato un ruolo importante la possibilità di sbarazzarsi degli accertamenti troppo rigorosi di Palazzo Chigi sugli ospiti in entrata e in uscita. Il fatto che la sede del governo cambi per meglio consentire il viavai incontrollato di una folta corte pittoresca e border-line è un fatto privato o un fatto pubblico?
  3. Le molte giovani donne che hanno rapporti di amicizia, di tenerezza e di complicità con il capo del governo vengono ricompensate e talora risarcite con incarichi di rilievo nella politica, con candidature a ogni livello, dalle europee alle circoscrizionali, con posti nella pubblica amministrazione o enti vari. Il fatto che si sia affermato questo criterio di scelta per reclutare la classe dirigente politica (nemmeno più per concedere delle parti televisive…) è un fatto privato o un fatto pubblico?
  4. La normativa sulle intercettazioni telefoniche approvata dal Senato ha preso il via dalla pubblicazione di registrazioni che riguardavano le relazioni e i problemi del capo del governo con alcune giovani signore dello spettacolo, e dunque dalla preoccupazione del capo del governo di tutelare questa sua sfera di intimità. Vivere in un paese che per queste ragioni viene costretto ad abbassare la guardia contro la criminalità è un fatto privato o un fatto pubblico?
  5. Il capo del governo è visibilmente sotto ricatto. Chi ha fotografato, chi ha filmato, chi ha visto, chi ha sentito. Un numero sterminato di persone che deve essere zittito o acquietato (anche con posti e carriere). Ma può permettersi un paese di essere governato di chi è nella condizione di subire ricatti in serie e senza fine? Ed è questo è un fatto privato o un fatto pubblico?
  6. Da quel che ci è stato raccontato, donne sconosciute possono entrare nella dimora del presidente del consiglio, fare foto e registrare. C’è una questione di vulnerabilità del governo. Soprattutto chi evoca complotti ogni giorno non faticherà a comprendere che, una volta scoperta l’infallibile via d’ingresso, anche una potenza straniera ostile potrebbe avere accesso a informazioni privilegiate. E’ questo un fatto privato o un fatto pubblico?
  7. Imprenditori arricchiti in pochi anni sono in grado di stringere rapporti preferenziali con il capo di governo facendo “bella figura” con lui grazie alla raccolta e consegna a domicilio di donne giovani e piacenti a pagamento. Che ripercussioni ha sul sistema degli appalti, sulle cordate in affari, sulle concessioni, un rapporto preferenziale di questo tipo? Ed è questo un fatto privato o un fatto pubblico?
  8. Una ragazza senz’arte né parte, invitata a cena dal capo del governo, reclama di essere pagata perché “non lo faccio mica per la gloria”. In qualunque paese del mondo un invito a cena dal capo del governo vale compiacimento, orgoglio. Qui no, non più. Come se Cenerentola chiedesse di essere pagata dal Principe. Ma se il prestigio della carica cade tanto in basso, anche per effetto dei comportamenti del capo del governo medesimo, è questo un fatto privato o un fatto pubblico?
  9. I giornali di tutto il pianeta parlano di ciò di cui tacciono le nostre televisioni. Il governo dell’Italia è oggi lo zimbello del mondo occidentale. E’ questo un fatto privato o un fatto pubblico?
  10. Siccome la centralità politico-culturale dell’harem si è sviluppata di pari passo con lo svuotamento del parlamento e con l’imbavagliamento dell’informazione, si assiste di fatto a un surreale scivolamento istituzionale: dalla repubblica parlamentare verso il sultanato. E’ questo un fatto privato o un fatto pubblico?*

*l'Unità, 25 giugno 2009, p.16. L'articolo si trova anche qui

lunedì 22 giugno 2009

TORNARE A BARBIANA...

Sabato, per una giornata di studi organizzata dall'Università di Firenze sono stata a Barbiana.
Vi si arriva salendo lungo una strada stretta ed irta in mezzo a boschi che d'improvviso si aprono per lasciare intravedere la chiesa e la piccola canonica. Null'altro.
Quando il 7 dicembre 1954 arrivò qui il parroco don Lorenzo Milani, non c'erano strade, acqua, luce e scuola. All'epoca la popolazione di Barbiana ammontava a 40 persone sparse qua e là in casette isolate tra i boschi ed i campi. Per Don Lorenzo Milani il periodo di Barbiana fu un vero e proprio esilio ecclesiastico: un sacerdote di 31 anni mandato lassù per farlo tacere dato che nel suo apostolato applicava il Vangelo senza alibi e compromessi. I ragazzi che abitavano questi luoghi sperduti erano figli di contadini e passavano le giornate a lavorare nei campi. Don Lorenzo capì che per superare le differenze sociali e farne cittadini critici e consapevoli era necessario fornire loro un'istruzione adeguata. Ma la scuola pubblica non era in grado di farlo perchè era una scuola selettiva e classista che promuoveva i figli delle classi più ricche e benestanti, i Pierino del dottore, che sapevano parlare bene mentre bocciava i figli dei poveri, li emarginava, li escludeva dal sapere.
"Prima di venirci né noi né i nostri genitori sapevamo cosa fosse la scuola di Barbiana [...] A poco a poco abbiamo scoperto che questa è una scuola particolare: non c'è né voti, né pagelle, né rischio di bocciare o di ripetere.[...]Questa scuola dunque, senza paure, più profonda e più ricca, dopo pochi giorni ha appassionato ognuno di noi venirci. Non solo: dopo pochi mesi ognuno di noi si è affezionato anche al sapere in sé…"

Don Milani ci ha insegnato che fare scuola non è un fatto neutrale, nè lineare, nè apolitico. Fare scuola significa formare futuri cittadini, dar loro una possibilità di crescita e riscatto sociale. Ci ha mostrato che finchè esiste una differenza tra classi di istruzione, di cultura, di accesso al sapere non sarà possibile per le classi meno abbienti l'accesso effettivo al potere. Fortemente credeva che sapere è potere, e che l'ignoranza in cui veniva forzatanmente tenuta la stragrande maggioranza della popolazione fosse lo strumento migliore di repressione non cruenta. Imperterrito si aspettava che tutti apprendessero, non esistevano somari nella sua scuola perchè, come ci ha detto un suo allievo, "non si andava avanti finchè anche l'ultimo di noi non aveva capito". Ogni mattina arrivavano a Barbiana almeno due quotidiani e la lezione si teneva su quanto letto sui giornali; ogni notizia veniva sviscerata, ritradotta in un linguaggio più usuale e comprensibile, approfondita con ricerche sui paesi, popoli, personaggi, questioni lette. Non vi era ricreazione, nè giorni di riposo, nè vacanze estive. I ragazzi stavano a scuola 365 giorni l'anno (366 negli anni bisestili) per quasi dodici ore al giorno. Parte della giornata però veniva dedicata al nuoto nella stagione estiva, ad imparare a stare sugli sci durante l'inverno e alla lavorazione di legno e ferro nel piccolo laboratorio della canonica.

Barbiana è, oserei dire, un luogo ricco di sacralità, dove il tempo sembra essersi fermato. E nonostante la chiesetta misera dalle pareti scrostate, la stanzetta squallida che fungeva da aula, il semplice pergolato sotto cui d'estate Don Lorenzo insegnava ai suoi ragazzi, nonostante la povertà degli arredi, qui si respira un'aria di ricchezza, di cultura, di giustizia e riscatto sociale, di speranza per un futuro migliore. Barbiana è un luogo sacro per molti di noi che scegliemmo di diventare insegnanti perchè abbiamo creduto di cambiare il mondo cambiando gli uomini, rendendoli più giusti, equi, responsabili attraverso una buona istruzione e formazione.

Tornare a Barbiana per me significa tornare indietro sui miei passi per rammentare a me stessa i motivi e le ragioni alte che mi spinsero a fare l'insegnante. Significa ricordare che, con le mie scelte, il mio esempio, il mio operato, posso fare la differenza, garantire a tutti anche agli ultimi degli ultimi uguali opportunità formative e di crescita, uguali opportunità di scegliere del proprio destino. Significa non dimenticare che non ho esaurito i miei doveri quando ho spiegato puntualmente la mia lezione ma quando sono stata in grado di arrivare a tutti, di esser compresa da tutti. Significa non perdere mai di vista l'idea che la Scuola deve essere uno strumento di promozione dell'individuo non di selezione e pertanto deve accogliere, farsi carico, promuovere la crescita e non escludere, abbattere, tenere ai margini del sapere. E ancora significa aver voglia di mettersi in gioco per costruire insieme ai miei alunni la strada da percorrere, affiancandoli nel tragitto, rialzandoli quando cadono, spronandoli quando hanno bruschi momeneti di arresto. Felice di poterli vedere un giorno camminare da soli.

TORNARE A BARBIANA... SEMPRE.

venerdì 19 giugno 2009

GLI OCCHI DELL'AMORE...

Del valore della gratificazione ho già parlato in un post precedente, ma dal momento che è un'argomento che mi è particolarmente caro, non posso fare a meno di riproporlo.
Avete presente come ci si sente quando riceviamo un saluto speciale, un complimento destinato proprio a noi, un apprezzamento sentito? La nostra giornata assume colore. Ci sentiamo più belli, più in gamba, più... Mi è successo stamani! In prima mattinata ricevo questo sms da Fred:" stamani quando scendevi le scale interne non ti avevo riconosciuta e ho pensato: guarda che F.! poi ti ho visto e mi son detto: stasera la F. è mia!". L'ho dovuto rileggere più volte, sorridendo e scuotendo la testa. Sentendomi comunque amata per questa frase eccessiva e goliardica. Durante la mattina mi son ritrovata più volte a ripensarci e, ogni volta, mi veniva da ridere. Nel pomeriggio, con il caldo soffocante che fa appiccicare i vestiti alla pelle, ammoscia i capelli, gonfia i piedi e non fa respirare, mi trovavo sull'Aurelia per portare il piccolo ad una partita organizzata a parecchi chilometri di distanza da casa nostra. In questo clima, fisico e mentale,mi suona il cell.: è Fred. Veloce mi informa:"Ho appena preso un'appuntamento con una dietologa per entrambi!" COOSAAA?? Entrambi chi??? Aspetta, forse hai sbagliato numero, hai telefonato a me, la strafiga...Ricordi? Quella di stamani, che scendeva le scale...Hai sbagliato numero probabilmente! "Ma dai...per avere delle indicazioni alimentari, perdere qualche chilo, insieme sarà più facile...Non credi?" "Non posso parlare, sto guidando!" Clic! (non me ne frega se non fa più "clic" la comunicazione che si interrompe, son cresciuta con cornette che, abbassandosi, facevano "clic" e questo è quanto!). Ecco come si trasforma una giornata...E non aggiungo altro! Una sola considerazione: tra qualche mese, quando scenderò le scale, fasciata in pantaloni neri, top mozzafiato e tacchi 12 cm, non ci sarà un solo uomo che mi desidera ma... decine!!!

giovedì 18 giugno 2009

SASSOLINI NELLA SCARPA...

NON VOGLIO PAGARE IL CANONE RAI!!! E' immorale pagare il canone alla Rai. E pure un po' masochista...dover pagare per farsi infinocchiare! Oggi come terza, sì dico terza! notizia, il tg2 ha riportato, con toni sommessi (un po' come quelle clausole vessatorie scritte piccole-piccole in fondo ai contratti) che c'è un'inchiesta a Bari che coinvolgerebbe il Premier. Poi giù a dar la parola a chi lo difende, a chi sente odor di complotto, a chi denigra il "far politica col gossip", a chi inveisce contro l'opposizione (!) e la magistratura rossa ed eversiva, e via di questo passo... Ma la notizia dov'è? E' taciuta, mascherata, nascosta sotto il tappeto.
Ah! Che nostalgia del disagio imbarazzato di Clinton beccato con le mani nella marmellata, del suoi tentativi maldestri di spiegarsi, delle sue giustificazioni goffe e delle sue scuse esitanti, dei suoi pentimenti tardivi e impacciati. Di fronte a tanta spudoratezza che nostalgia dell'imbarazzo di Clinton...
Ho sempre creduto che una escort fosse un'automobile. Non è così. Una escort è una giovane e bella signorina che frequenta, sotto lauto pagamento (anche 2000-4000 euro a serata), feste e festini di ricchi e potenti e magari, chissà, si rende disponibile per rallegrarne le serate. Giovani donne per l'imperatore e la corte dei suoi amici vegliardi. Perchè lui, è noto, ama la vita! Il Corriere della Sera riporta: "Ci sono almeno tre ragazze che hanno confermato di aver preso soldi per partecipare alle feste a Palazzo Grazioli e a Villa Certosa". Ma il Presidente è innocente, vittima incolpevole di un complotto e, sottolinea il suo avvocato On. N. Ghedini, «Ancorché fos­sero vere le indicazioni di questa ra­gazza, e vere non sono, il premier sarebbe, secondo la ricostruzione, l’utilizzatore finale e quindi mai pe­nalmente punibile...». Come dire: sarà un porco ma non ha violato la legge ...sigh!!!
Il Ministro dell'istruzione MariaStar Gelmini è soddisfatta! Infatti La scuola italiana risulta in coda nella classifica dei Paesi Ocse e il nostro sistema educativo, secondo il rapporto sull'Italia stilato dall'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo, produce risultati «fra i più modesti» dell'area. Intanto a causa delle nuove norme nelle scuola media le bocciature sono quasi raddoppiate (sigh-sigh-sigh). Ma lei è soddisfatta! Beh, si può dire che il Ministro si accontenta con poco!

Non so niente dell'Iran. Iran anzi è una parola che mi ha sempre fatto paura. E gli iraniani me li sono sempre immaginati con facce scure da terroristi. E le donne coperte e invisibili. Eccoli i miei pregiudizi alle luce del sole! Ma in questi giorni molti iraniani sfilano per le strade. Per protesta. Per difendere le loro idee, per paura di aver subito un'ingiustizia, per poter costruire un mondo migliore. Sfilano nonostante gli si spari contro. Nonostante li abbian minacciati di pena di morte. Sfilano sebbene si tenti di non farlo sapere al mondo. E non so nemmeno se hanno giuste ragioni. Non so se starei dalla loro parte se fossi iraniana. Non so niente dell'Iran. Eppure non posso che ammirare quella tenacia, quel coraggio, quella perseveranza che li spinge, da diversi giorni ormai, a riempire le piazze, le strade, a violare la legge, a rischiare la vita per non farsi zittire. Io che respiro ogni giorno qualunquismo, che vedo intorno a me poca coscenza civile, che ascolto frasi fatte e luoghi comuni per sottrarsi ai propri doveri. Io che mi sento estranea in un'Italia dove la passione politica e la responsabilità civile sono morte. Oggi io mi sento molto più iraniana che italiana...

E come ultimo sassolino:

Cerco di farti capire che mi piaci, ma tu...

Ammazza quanto sei duro!!!

PER CHI SUONA LA CAMPANA

Nessun uomo è un'Isola,
intero in se stesso.


Ogni uomo è un pezzo del Continente,
una parte della Terra.


Se una Zolla viene portata via dall'onda del Mare,
la Terra ne è diminuita,
come se un Promontorio fosse stato al suo posto,
o una Magione amica o la tua stessa Casa.


Ogni morte d'uomo mi diminusce,
perchè io partecipo all'Umanità.


E così non mandare mai a chiedere per chi suona la Campana:


Essa suona per te
John Donne

martedì 16 giugno 2009

A CHI GIOCA ANCORA CON ME...

Da bambina amavo fare un gioco delle parti in cui le storie si intrecciavano e si snodavano giorno dopo giorno. Ricordo che, come una danza perfetta e sincronica, ogni giorno, con i compagni di allora, riprendevamo il gioco laddove l'avevamo lasciato. I personaggi prendevano vita, crescevano, facevano esperienze e correvano verso un lieto fine che non avrebbero mai raggiunto. D'un tratto abbiamo smesso di giocare. Non ricordo il momento, nè la circostanza e neppure la motivazione. D'improvviso non abbiamo giocato più. Ma non ci sono stati feriti in campo. Non ricordo sofferenze. Semplicemente non abbiamo giocato più. Ho un'unica amarezza adesso, quando ci ripenso: aver lasciato lì i personaggi ancora immersi nella storia, ignari dell'impossibilità di giungere ad un'epilogo, come una creazione incompiuta. Ricordo che nello scorrere del gioco, ci animava l'entusiasmo di arrivare alla compiutezza, alla fine, al punto perfetto in cui gli estremi si toccano. La delusione che sento poggia lì le sue radici ed ha il sapore amaro, un pò doloroso, dell'ineluttabilità del destino. E la memoria, nel suo incessante lavoro di rimodellare, ricostruire, omettere e inventare, mette in discussione persino il coinvolgimento emotivo di chi giocava con me. Associo a questa immagine un'altra, più recente. Risale a qualche anno fa. Nel servizio in cui lavoro avevamo accolto una down adulta per un'inserimento lavorativo protetto. Un giorno, mentre fa le fotocopie, una signora la saluta con calore: "Ti ricordi di me? Eravamo a scuola insieme...oddio, ti ricordi?" e lei, serafica:"Si, mi ricordo. Eravamo a scuola insieme, giocavamo sempre...poi te sei cresciuta!"

lunedì 15 giugno 2009

Il buio oltre la siepe

I miei suoceri abitano in una villetta costruita alla fine degli anni '60 in una zona in cui all'epoca c'erano solo campi ed acquitrini pieni di ranocchi. Oggi è una bella zona tranquilla, silenziosa e a due passi dal mare. I campi sono spariti sostituiti da varie ville e villette con giardino. La maggior parte di esse ha muretti, cancelli alti e fitte siepi di alloro o gelsomino che delimitano il confine ed impediscono di vedere dentro. Non quella di mio suocero perchè mi ha spiegato: "Oggi tutti si trincerano dietro muri e siepi per paura che gli altri possano vedere cosa fanno, possano spiarli ma io mi sento più al sicuro così. Infatti, se mi succedesse qualcosa, se avessi bisogno di aiuto, se mi sentissi male o se qualche maleintenzionato entrasse in casa mia, chi se ne accorgerebbe? Chi sentirebbe la mia richiesta di aiuto?"
Queste parole di mio suocero mi hanno fatto riflettere. Costruiamo muri sempre più alti e trincee sempre più spesse per sentirci più sicuri, al riparo da occhi estranei ed invece recidendo ogni legame, mantenedo le distanze con vicini per i quali continuiamo ad essere degli estranei finiamo per isolarci, e questo isolamento ci rende più fragili, più indifesi e rende le nostre case meno sicure. Penso al mio paese d'origine, dove gli abitanti si conoscono tutti tra di loro, ed abitano in casette attaccate l'una all'altra e dove, per questo, nessun ladro è mai riuscito a rubare niente perchè c'è stato sempre l'intervento di qualche vicino "impiccione" e insonne che, notando strani ed inconsueti movimenti o sentendo strani rumori ha dato l'allarme. Non i muri ci proteggono, non le serrature, i chiavacci, gli allarmi, le inferriate, nè tantomeno le ronde o i soldati. Ma la rete! Cioè tutti quei legami sociali che ci uniscono gli uni agli altri, ci fanno essere parte di un tessuto sociale in cui ciascuno si interessa agli altri, ed in tal modo se ne prende cura. L'indifferenza ci rende soli e vulnerabili. Bisogna tornare a costruire una rete sociale forte e smetterla di pensare che interessarsi agli altri significhi semplicemente "impicciarsi".

sabato 13 giugno 2009

I GIORNI DELL'AMAREZZA

Sono i giorni dell'amarezza,
del niente è cambiato,
del risvegliarsi ancora e più berlusconiani ma con sfumature leghiste.
Sono i giorni della vittoria degli altri.
Della vittoria
degli slogan sui programmi
della strafottenza sulla serietà,
dei soldi facili sul lavoro onesto,
degli interessi personali sul bene comune,
dei luoghi comuni sui ragionamenti concreti,
dell'illusione televisiva sulla consapevolezza della realtà che ci circonda,
delle grida sulle discussioni corrette,
delle barzellette sui discorsi seri e costruttivi,
delle veline con farfalla sui precari,
del diritto alla privay sull'informazione,
dell'ignoranza sulla cultura.
Sono i giorni
della vittoria degli altri su di noi.
Giorni tristi.
E non abbiamo imparato niente.

venerdì 12 giugno 2009

HO LITIGATO CON PETER PAN

Sto passando un periodo di profonda stanchezza. Lo ammetto. Motivi ne ho mille. In pole position gli ultimi risultati elettorali, la stupidità degli italiani, lo squallore dei politici al governo e la sensazione di impotenza che mi pervade... In questo clima qualche sera fa Fred organizza una simpatica cenetta al ristorante. Mi fa una sorpresa, sicuro di farmi piacere: invita il mio amico Peter Pan! Son certa che sarà una serata in cui ci capiremo al volo, rideremo, ci racconteremo di noi, della politica, del mondo che va sempre in un'altra direzione rispetto a noi, che siamo di un'altra razza, quella che sta dalla parte del più debole, dell'ambiente, della ricerca, di un'equa distribuzione delle risorse, di una partecipazione attiva... Da tempo non vedo Peter Pan. Ho voglia di parlare un pò con lui. Condivideremo e sentiremo l'affetto immutato l'uno per l'altro. Non ho dubbi. Mi preparo con questi pensieri. E già sono un pò riposata. Mi sento meglio. Ma la serata, da subito, non ha il clima atteso. Peter Pan fa discorsi da imprenditore mentre parla dei suoi dipendenti. Scherza? Si, scherza. Rido. Che buffo quando assume la veste del "padrone" tiranno. E' una parodia perfetta. Forse un pò esagerato. Un attore. Sembra parlare sul serio. Ma no, cosa vado a pensare? E' sempre lui, il mio amico della gioventù, il comunista che ci crede ancora, che non molla. Mangiamo un ottimo antipasto. Sento un pò di tensione nell'aria. Ma è la mia stanchezza senz'altro. Ad un certo punto, non so come, arriviamo a parlare di Brunetta. Si, proprio di lui. E Peter Pan non scherza più. Esprime il suo pensiero senza remore. La sintesi è questa: "Finalmente! Ci voleva!". Ma è lui? E' Peter Pan? No, forse han risposto dal tavolo accanto. Purtroppo è lui! Continua, sciorinando luoghi comuni e fantasie di vendetta contro gli impiegati pubblici: fannulloni e assenteisti! Ma cosa dice? Lo invito a cercare di riflettere sul vero disegno che si cela (neanche tanto) dietro le iniziative del personaggio in questione: non vuole certo riassestare il servizio pubblico (magari!), ma smantellarlo completamente, sostituirlo con il privato. Perchè altrimenti non mette le mani sulla riforma dell'amministrazione che prevede che i dirigenti siano nominati su incarico del sindaco anzichè per pubblico concorso? Quale è il principio che giustifica un trattamento diverso per i dipendenti pubblici malati rispetto agli altri lavoratori? Peter Pan non mi ascolta. Non mi capisce. Parliamo lingue diverse. Lui quella della televisione. Dell'informazione superficiale. Dei luoghi comuni. Il risotto di mare non ha sapore. Sento il gusto amaro della distanza tra noi. Stiamo litigando? Si. Non è una discussione. Non è costruttiva. C'è separazione e punti di vista così opposti ed estranei che non arricchiscono nè me nè lui. Ho voglia di andarmene. Gli dico che non voglio più parlarne. C'è imbarazzo. E dolore. Incomprensione. E distacco. D'improvviso ride: "Ci sei cascata, scema! Non me ne frega niente di Brunetta! Scherzavo." E' la sua richiesta di tregua. Il desiderio di non litigare. La dimostrazione di un'affetto antico. Ma la tensione resta. Perchè Peter Pan non scherzava affatto. E lo sappiamo bene entrambi. Sono ancora più stanca.

martedì 9 giugno 2009

E in quanto a Pierino...

D'accordo: lo ammetto! Dando voce solo alla mamma di Pierino ho trascurato la cosa essenziale: il dolore di Pierino. Perchè sì, il dolore della mamma di Pierino è profondo e ignoto ai più. Ma ancora più profondo e angosciante è il dolore di Pierino. Mascherato, certo, dietro quella sua aria strafottente, nascosto dai frizzi e dai lazzi con cui ripara alle sue mancanze. Ma profondo, assordante, incontrastato. E talmente radicato che Pierino porterà a lungo le cicatrici di quelle ferite, subite nell'età in cui si è più fragili, incerti, indifesi.
Racconta Daniel Pennac, - proprio lui! Forse uno dei più grandi scrittori contemporanei e sicuramente il mio scrittore preferito - di essere stato ai tempi della scuola un somaro. Umiliazione mai dimenticata, quella di essere stato l'asino della classe. Dolore mai completamente assopito. Ferita mai del tutto rimarginata.
Il fatto è che il cappello d'asino si porta più facilmente a posteriori. E' addirittura un'onorificienza che in società ci si attribuisce spesso. Ti permette di distinguerti da coloro il cui unico merito è stato quello di seguire i sentieri tracciati del sapere. Il gotha pullula di ex somari eroici. Li senti quei furbacchioni, nei salotti, alla radio, presentare le loro disavventure scolastiche come grandiose gesta di resistenza. Io credo a quelle parole solo se vi colgo la lieve eco di una sofferenza. Perchè se anche possiamo guarire dalla somaraggine, le ferite che essa ci ha inflitto non rimarginano mai del tutto. Quell'infanzia non è stata divertente, e ricordarla non lo è di più. Impossibile andarne fieri. Come se l'ex asmatico fosse fiero di aver sentito mille volte che stava per morire soffocato! E tuttavia il somaro che se l'è cavata non vuole essere compatito, per nulla al mondo, vuole dimenticare, tutto qua, non pensare più a quella vergogna. E poi sa, dentro di sè, che avrebbe potuto benissimo non cavarsela. Dopo tutto, i somari irrimediabilmente perduti sono molto più numerosi. Ho sempre avuto la sensazione di essere uno scampato.*
In che modo è riuscito a sopravvivere alla vergogna causata dalla propria somaraggine, al senso di solitudine di chi non capisce ed è perso in un mondo in cui tutti gli altri capiscono?
Gli insegnanti che mi hanno salvato [...] non si sono preoccupati delle origini della mia infermità scolastica. Non hanno perso tempo a cercarne le cause e tanto meno a farmi la predica. Erano adulti di fronte ad adolescenti in pericolo. Hanno capito che occorreva agire tempestivamente. Si sono buttati. Non ce l'hanno fatta. Si sono buttati di nuovo, giorno dopo giorno, ancora e ancora...Alla fine mi hanno tirato fuori. E molti altri con me. Ci hanno letteralmente ripescati. Dobbiamo loro la vita.*
*Daniel Pennac Diario di scuola

venerdì 5 giugno 2009

La mamma di Pierino

Di Pierino si è parlato molto. Insegnanti, psicologi, neuropsichiatri, educatori, formatori, pedagogisti, parroci, logopedisti, catechisti, psicomotricisti, opinionisti, giornalisti, esperti di ogni tipo hanno provato a spiegare perchè Pierino è così... Pierino. Ciascuno ha sentenziato, a suo modo, ha coniato un'etichetta e ha bollato Pierino: è insicuro, immaturo, incompreso, scarsamente motivato, intelligente-ma-non-si-impegna, mancino inibito (da chi?), dislessico, viziato o viceversa trascurato, disgrafico, disortografico, con disagio scolastico, di famiglia disagiata, scarsamente stimolato, ma anche forse troppo stimolato, iperattivo, irrequieto, ipercinetico, semplicemente maleducato, provocatorio, ribelle...
Della mamma di Pierino, invece, nessuno ha parlato mai.
Io l'ho conosciuta. L'ho osservata aspettare il suo Pierino all'uscita da scuola, in disparte, temendo di esser di nuovo convocata dalla maestra di turno per qualche sua marachella. L'ho vista evitare le altre mamme, impegnate a confrontare i bei voti dei loro pargoli e a ridere di verifiche e di simpatici aneddoti scolastici. L'ho riconosciuta dietro al suo consueto imbarazzo, inseguita dagli sguardi critici delle altre madri, carichi di giudizi velati, parole non dette. L'ho intuita celare nell'indifferenza il suo dolore e la sua vergogna per quel figlio troppo vivace, che disturba in classe, rallenta il programma, prende note e brutti voti, fatica a stare fermo. Perchè il suo insuccesso scolastico è il segnale inequivocabile del suo fallimento di madre, dei suoi metodi educativi, delle sue scelte, del suo modo di amarlo. Come una lettera scarlatta appuntata sul petto, lei ne porta la colpa. In solitudine vive questa profonda umiliazione, in silenzio consuma la sua personale vergogna. Eppure, in fondo in fondo, la mamma di Pierino si sente una mamma come le altre. Anche lei, come le altre mamme, gli ha raccontato fiabe prima che si addormentasse, gli ha medicato le ginocchia sbucciate, ha contato con lui gli scalini di casa, tante e tante volte, quando aveva il pallino della conta. Per lui ha impastato la pizza, e, nonostante le vertigini, è salita al suo fianco sul bruco-mela. Per lui ha sognato un futuro da ingegnere o professore universitario... Ma questo era prima. Prima della scuola, delle verifiche bimestrali, delle tabelline da imparare a memoria. Prima della scuola, che doveva essere il suo trampolino di lancio alla vita, al sapere, a un futuro ricco di gratificazioni ed invece... si è rivelata lo scoglio contro cui si infrangono i sogni, le aspettative, i desideri materni.
Spesso si chiede cosa ha sbagliato, perchè ciò che per le altre madri è stato così semplice e naturale a lei non sia riuscito. Non le sembra di aver fatto niente di più, niente di meno, rispetto alle altre. E mentre è immersa in queste riflessioni ecco che suona la campanella e lo vede il suo Pierino correrle incontro. Bellissimo ed unico al mondo: i capelli sbaruffati, lo zaino di traverso e pericolosamente semiaperto, le braccia scarabocchiate e in una mano il grembiule trasformato in una palla.
Ne ho conosciute molte di mamme di Pierino. Sono anche io una mamma di Pierino. E' per questo che mi è facile capire quale dolorosa ferita nasconde ogni mamma di Pierino. Ed è per questo che mi è così difficile parlarne.

mercoledì 3 giugno 2009

LA POESIA E' TORNATA A TROVARMI

QUAL' E' IL POSTO DEI SOGNI AVVERATI?


Qual'è il posto dei sogni avverati?
Quelli pensati a lungo
desiderati
rincorsi
e alla fine vissuti?


Dove finiscono i desideri soddisfatti
le emozioni vissute
gli amori consumati?


Sono destinati ad invecchiare?
A subire il lento
inesorabile declino
che la vita riserva
a ogni creatura
oggetto
emozione?


Diventano abitudine.
Stanchezza.
Fatica.
Noia.
Assenza.


Se li lasci andare
si confondono con mille altri.
Ma se riesci a catturarli restano nel cuore.
Per sempre.


Wilma

12 novembre 2011: VIVA L'ITALIA LIBERATA!!!

12 novembre 2011: VIVA L'ITALIA LIBERATA!!!
L'Italia è sull'orlo del precipizio, ci aspettano mesi di tagli e manovre "lacrime e sangue", l'opposizione è inesistente e Mario Monti non è il nostro eroe ma almeno...BERLUSCONI SI E' DIMESSO!!!

SE NON ORA QUANDO?

SE NON ORA QUANDO?
FIRENZE, 13 FEBBRAIO 2011.