Quando sono usciti i risultati dell'ultima indagine PISA (2009), che ha rilevato un miglioramento nelle performances degli studenti italiani risaliti dal 33esimo al 29esimo posto nella graduatoria, la Ministra della Pubblica Distruzione non ha perso tempo in riflessioni argute e analisi dettagliate ma, subitaneamente, ha dichiarato orgogliosa, prendendosi il merito di qualcosa che proprio non le spetta: "In questi anni si è investito tanto sulla valutazione degli apprendimenti e ora i risultati ci premiano. Cresciamo nelle materie più importanti salendo di sei posizioni nelle classifiche europee per la comprensione della lingua italiana, di tre per la matematica e di una per le scienze. Sono risultati eccezionali che dimostrano come la scuola italiana sia migliorata e non peggiorata”. Insomma, a detta della Ministra, se gli studenti migliorano nella classifica OCSE è segno che i provvedimenti presi vanno nella giusta direzione. Peccato che i risultati siano relativi al 2009, neanche un anno dopo il suo incarico e prima ancora che la "sua riforma" si abbattesse sulla Scuola Italiana mortificandola e depauperandola.
Per chi lavora nella scuola con passione, impegno quotidiano e serietà professionale, le dichiarazioni del Ministro appaiono superficiali, sommarie, demagogiche e strumentali. Dovrebbe sapere la Signora Gelmini che i ragazzi formati nella "sua" scuola, parteciperanno all'OCSE-PISA tra dieci anni. Inoltre dovrebbe aver notato, con giustificata preoccupazione, che i risultati italiani sono fortemente penalizzati dalle scuole private; infatti, senza i loro punteggi, gli studenti italiani scalerebbero la classifica anche di dieci posizioni. Le scuole private italiane, pertanto, risultano tra le peggiori nel mondo. Infatti, nella maggioranza dei paesi OCSE, a differenza dell'Italia, gli studenti delle scuole private ottengono punteggi mediamente superiori rispetto a quelli delle statali e contribuiscono così ad alzare la media complessiva. Nonostante l'evidenza di questi fatti i finanziamenti alle scuole private sono in continuo aumento mentre quelli alla scuola pubblica in costante calo. Un paradosso che la Ministra della Meritocrazia ci dovrebbe spiegare.
Resta da spiegare il mistero dell'aumento delle performances degli studenti italiani. Può darsi, semplicemente, che gli studenti siano più preparati dei loro fratelli maggiori, che abbiano acquisito più competenze, che la scuola abbia fornito loro maggiori capacità di utilizzare i saperi appresi. Così, semplicemente. Ma, senza voler sottovalutare le prove dei nostri ragazzi, a me viene qualche dubbio. Nella nostra scuola, infatti, gli studenti sono sempre stati valutati, tradizionalmente, attraverso interrogazioni orali, relazioni scritte, temi, domande aperte. Quale interrogazione su Dante non iniziava con la terrificante richiesta: "fai la parafrasi dei versi..."? e quale compito di geometria non poteva che terminare con la rituale ed ambiziosa frase "come volevasi dimostrare"? Prove impegnative, difficili da giudicare, suscettibili di una valutazione poco oggettiva, facilmente dipendenti dalla soggettività del valutatore: il prof di turno con le sue simpatie, la sua esperienza, le sue aspettattive, l'umore del momento. Prove particolarmente complesse che richiedevano un ampio ventaglio di svariate competenze: buona padronanza dell'italiano, logica e deduzione, comprensione linguistica, capacità di analisi e sintesi, conoscenza dei contenuti, abilità argomentative. E un po' di sfacciataggine all'orale. Gli studenti italiani sono sempre stati valutati in base a prove di questo tipo. Sono stati formati, cresciuti, abituati a sostenere compiti di questo genere. Non altri. Le prove somministrate ai quindicenni durante l'indagine OCSE-PISA si basano, invece, su quiz, su un'ampia gamma di domande a risposta chiusa in cui bisogna individuare e crocettare la risposta giusta tra quelle date. Un tipo di prova alla quale i nostri studenti non erano abituati. Ma che di recente anche gli insegnanti italiani, adeguandosi al resto del mondo, hanno iniziato ad infliggere ai loro studenti. E che, come si vede dai miglioramenti delle performances del 2009, rende i nostri studenti più bravi in quel tipo di prove. In quel tipo di prove! Non più bravi in generale. Non più bravi dei loro fratelli maggiori. Solo più capaci di affrontare compiti così strutturati. Io credo.
Allora emerge un ulteriore dubbio: può l'indagine OCSE-Pisa verificare le reali competenze dei 15enni e di conseguenze valutare e descrivere il sistema d'istruzione? Perchè c'è ancora una cosa che i risultati dell'OCSE-PISA non riescono a spiegare: perchè al CNR francese un terzo dei ricercatori stranieri assunti nei settori di matematica e fisica è italiano, formato in una scuola giudicata inadeguata. Un terzo!!!
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1 commento:
Tralascio, per non incazz.mi già nel 2011, le considerazioni sulla ministra, sul carrozzone e pure su Napolitano, mi appassiona invece il tema della valutazione, quella su cui si prendono decisioni, si fanno riflessioni, si cambia il destino di una persona,di un'istituzione, di un paese...Credo che quel terzo, così incongruente (o forse no), rispetto a come è valutata la scuola italiana faccia davvero riflettere, ad ampio raggio...Si rifletta sulla valutazione impropria effettuata in buona fede o per incompetenza, ma soprattutto su quella voluta, pensata, imposta a persone che si bevono le notizie come se fossero caffè, senza pensarci su troppo.
Buon anno Miranda!
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