Coerente a quello che a me sembra un falso sè, una divisa, una "posa"e che, invece, forse, è il tuo vero io. Che mi piaccia o meno.
Hai chiesto di averlo senza insistenze, come un diritto esigibile che sai di poter fruire senza far sforzi.
O forse un pò perchè le richieste pretenziose le fanno "i figli di papà" e tu vuoi prender le distanze da loro. Nel tuo modello di "nero e bianco", ti sei opposto ad un motorino nuovo, che io e tuo padre consideravamo un pò più rassicurante, un pò meno pericoloso, e ne hai scelto uno dismesso, fuori moda, rattoppato, che, forse, ai tuoi occhi, appare meno impegnativo, più ganzo, maggiormente rappresentativo dell'immagine che vuoi dare di te che, di fatto, dai poca importanza a queste cose.
Ti ho guardato andar via, senza troppa apprensione, con un guizzo nel cuore e pensieri romantici, vergognosamente nostalgici. Mi sono rivista sul "Ciao" rosso, sottratto a mia sorella maggiore, un pò succube, un pò compiacente; quattordici anni a settembre e un'estate intera da riempire zeppa, fino all'orlo. La mia amica del cuore, più fortunata, li aveva già compiuti ad aprile e il motorino, lei che aveva genitori che oggi mi appaiono menefreghisti e che, allora, mi sembravan dei miti, ce l'aveva da allora, celeste fiammante! Andavamo spesso, spessissimo, in due, tra multe e ramanzine dei vigili e minacce miste a prediche di mio padre e mia madre. Potevamo arrivare a far due pieni di miscela in un giorno, correndo fino a Lerici e ritorno. L'anno successivo, o quello seguente, il ragazzo che mi faceva battere il cuore non aveva alcun mezzo ed io mi sentivo una diva ad accompagnarlo a casa: lo facevo guidare e mi stringevo fortissimo a lui, desiderando solo che quei chilometri si allungassero all'infinito. Non ha mai avuto il coraggio neppure di darmi un bacio.
Poi c'è stata la fase di prestarlo a tutti gli amici che ne avevan bisogno: lo lasciavo in centro, dalla nonna di un'amica, che tanto avevo un ragazzo con la macchina, e i miei amici, al bisogno, passavano di lì e l'usavano, poi lo riconsegnavano. Non ricordo problemi, contrattempi o disguidi: ci impegnavano altre questioni, eravamo incoscienti e sprovveduti. O forse solo idealisti, coraggiosi.
A rileggerlo, ora, rivivo anche un pò le emozioni di allora: mi atteggiavo, ma avevo una gran paura del futuro e pensieri, desideri limpidi, forse un pò audaci, come quello di cambiare il mondo e che i comunisti fossero tutti buoni, sinceri, sul giusto.
A ripensarci, ora, mi sembra che ci sia un filo che unisce la mia vita con la tua e che l'andare indietro mi consenta di salire più in alto, come nel movimento del pendolo, di avere più forze, più strumenti, per ascoltar la tua musica e per riconoscerla come mia, che, in sostanza, pur cambiando, son rimasta la stessa. Forse per rispettare un impegno, una promessa, fatta quasi mille anni fa. O meno. Sta di fatto che, per un'emozione, son sempre pronta.
Ed ho il figlio che merito.
5 commenti:
Beata!
E' bello trovare nei figli qualcosa-meglio ancora se è qualcosa di incontaminato e prezioso, che ci eravamo quasi dimenticati- di se stessi.
A me ogni tanto sorge il sospetto che ci sia stato uno scambio di culla, coi miei figli!
Amica, quanti ricordi!
Su quel ciao rosso hai portato anche me, quando dovevamo studiar mate.
Ma eravamo davvero noi? a volte mi sembra quasi di no...
Capita che, a volte, guardando i nostri figli, veniamo catapultati all'indietro, costrette a ricordare anche ciò che era sbiadito: emozioni, paure, priorità che oggi ci sembrano assurde.
Guarda che domani ti aspetto al mare...
Silvia, lo scambio di culla ogni tanto tormenta pure me! ;-))
Miranda, che belli quei pomeriggi in cui studiavamo matematica e francese...Io ero una testa calda e tu...
Comunque son stata bene anche ieri pomeriggio, e tu eri stra-figa!
Wilma esagerata, grazie.
Ma...abbiamo perso un'amica o sbaglio? Che maleducata....
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