Ognuno di noi, nella propria esistenza, partecipa a più istituzioni sociali, fa parte di una o più organizzazioni. Da queste emerge, viene modificata, si struttura, la nostra identità. Per poter sopravvivere abbiamo bisogno di adattarci ad ognuna di queste realtà. Sia in ambito lavorativo che in famiglia, persino con gli amici.
Weich sostiene che, in ogni situazione, il soggetto tende a riconoscersi in relazione a ciò che vive, ai processi di interazione che stabilisce. Una stessa persona assume caratteri diversi in circostanze differenti: l'identità assunta nel posto di lavoro, per esempio, può differire da quella assunta nelle relazioni familiari.
Ma ciò che commuove e sconcerta e allarga il cuore e ci fa sentire parte dell'oceano è considerare che, in questo percorso di adattamento, l'uomo preserva un sè che, prepotente, tende ad emergere.
E' chiaro che, senza qualcuno a cui appartenere, non esiste sicurezza per il sè e, tuttavia, un inglobamento totale, un coinvolgimento assoluto con un'altra "unità sociale", implica una riduzione del sè.
E' quindi lottando, opponendosi, facendo resistenza contro qualcosa, evitando un adattamento totale, che il nostro sè può emergere.
Una rivolta interna è a volte essenziale per la salute psicologica, e può creare una forma particolare di felicità.
Le tecniche che l'uomo ha utilizzato per preservare le riserve del sè dalle morse delle istituzioni sono molteplici, variegate, strategiche e fantasiose.
Pensate a Robert Stroud, condannato all'ergastolo e all'isolamento nella prigione di Alcatraz. Quest'uomo, un giorno, in una situazione di abbruttimento totale, comincia a prendersi cura, per caso, di un uccellino. La sua passione, la sua dedizione, sono tali da trasformarlo in un famoso ornitologo, in grado di scrivere testi autorevoli sul comportamento degli uccelli. Non è assolutamente commovente e coinvolgente? Non ci obbliga ad alzarci dalle nostre comode poltrone?
La voce del dissenso è dentro di noi, aspetta solo di poter trovare il coraggio per esprimersi. Non parlo di gesti eroici od eclatanti, parlo di espressione del sè: di quello più interno, fantasioso, passionale e unico, in grado di espandersi illimitato nei nostri pensieri, il solo capace di farci esplodere di gioia, di farci riscoprire il significato del nostro essere qua.
Parlo anche, più semplicemente, di gesti, momenti, pensieri, rubati ad una qualsiasi delle istituzioni di cui facciamo parte: la nostra dose di libertà personale. Assolutamente senza prezzo.
FRANCESCO MUSANTE
La materia dei libri è costituita dalle sottigliezze della vita.
mercoledì 9 settembre 2009
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3 commenti:
toh, tutto questo mi ricorda quel discorso che iniziammo dalle parti mie sul cosa è "se stessi" , ricordi?
Ora hai qui dato un'interessantissima risposta tutta da meditare ^_^
Da rileggere con calma :)
Quello che dici è molto bello e complesso ma mi guardo intorno e fatico a trovare atteggiamenti di conferma alle tue parole. Pare anzi che ci sia una corsa ed una tensione diffusa al conformarsi il più possibile al gruppo, al ciò che si dice, a non mettersi in gioco, che si tenda a evitare di avere pensieri divergenti, propri in dissenso con gli altri...sembra quasi che la capacità di dissentire (e di avere pensieri autonomi e critici) si sia appannata in questi anni.
Carlo...si, ricordo perfettamente le nostre coinvolgenti riflessioni. E' un riprendere quel discorso interrotto partendo proprio dagli spunti che offrivi tu...
Ora però l'anguria è troppo fredda, che ne dici di un buon caffè? con cioccolatino fondente?
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