Vivo giornate leggere, semplici e genuine. Penso poco, passeggio molto, parlo di nulla. Faccio vita di mare. Sto con i miei figli. Tra splendide nuotate e interminabili partite a carte, raccogliamo sassi e vetrini, lasciamo asciugare al sole la pelle salina, commentiamo i colori del mare senza parole. Godiamo della semplicità coinvolgente di giornate tutte uguali. Al riparo dal mondo. Immersi in un ritmo dall'odore salmastro che ricorda la salsedine e le alghe marine. Al termine della giornata ci attende una stanchezza buona, che concilia il sonno.
Ricordo le giornate della mia infanzia, al mare con mia nonna. Arrivavamo in spiaggia con il pullman; era sempre stracarico, di gente, di odori, di palette, secchielli e bambini eccitati. La nonna, energica e senza età, piantava l'ombrellone nel tratto di spiaggia che a lei sembrava più bello: vicino a un'amica, lontano dall'acqua, un pò appartato.
Appena arrivati, noi bambini cominciavamo a chiedere "l'ora del bagno": la risposta era sempre la stessa, "non prima delle quattro!". Non ricordo tentennamenti nè scenate da parte degli adulti. E noi aspettavamo le quattro, chiedevamo di continuo ma non c'erano sconti. Alle quattro in punto "il gruppo" si fiondava in mare ed era felicità allo stato puro. Gli adulti, in genere mamme e nonne, si mettevano di vedetta, non ci perdevano mai di vista nè si tuffavano mai a giocare con noi. Trascorsa mezz'ora ci mostravano gli asciugamani aperti e noi uscivamo schiamazzando allegramente, pronti per la merenda, già fantasticando sui giochi con la sabbia che sarebbero seguiti, mentre gli adulti giocavano a tombole improvvisate, accostando i teli da mare e gli ombrelloni, con l'occhio vigile su di noi e sull'orario, attenti a non perdere l'unico pullman del ritorno.
Sembra un secolo fa. Un'altra Italia. Eppure non è passato molto. Mi chiedo cosa ci sia successo così in fretta. Mi chiedo se è davvero progresso questa assenza di gruppo che avverto, questa chiusura nella propria individualità familiare, questa eccessiva cortesia che ci contraddistingue, questo rispetto per la privacy e l'ossessione di non disturbare.
Mia nonna si prendeva cura di tutti i bambini che cadevano sotto il suo spazio visivo: una parola per tutti, un commento, una sgridata e una raccomandazione a ognuno, senza incertezze. Ricordo che un giorno, di fronte a un bambino tedesco che secondo lei si stava avventurando troppo tra le acque, sfoderò una serie di frasi incomprensibili. Più tardi, fiera di sè, mi spiegò che le aveva sentite dire dai soldati, in tempo di guerra. Al bambino, per lo più aveva gridato:"Caput!", "Rauss!" e altri suoni, così come li aveva registrati nella memoria, sicura di trasmettergli un messaggio che doveva suonare così:"Torna indietro immediatamente, l'acqua è alta ed è pericoloso!...". Quel bambino la riguardava. Anche se era un'estraneo. Anche se non l'aveva per niente compresa e che, forse, l'aveva scambiata per pazza. Niente e nessuno l'avrebbe convinta che non era affar suo. Non la sfiorava neppure il pensiero di essere invadente o di ledere la privacy di quella famiglia. Per lei era naturale così. Non si perdeva in riflessioni filosofiche e sociologiche con le amiche. Agiva secondo un codice non scritto, insindacabile, forse ancestrale. Di cui ho un pò nostalgia. Di cui non posso non sentirne l'assenza nella mia generazione di genitori distratti, educati, stanchi... Nella mia generazione di crisi educativa.
4 commenti:
Sono riflessioni che mi trovo spesso a fare anche io. Siamo genitori eccessivamente ansiosi, sempre con il bisogno di avere il controllo dei nostri figli (vedi cellulare). Se potessimo contare sulla rete forse saremmo più tranquilli, se potessimo sapere che i nostri figli sono un po' anche figli degli altri, che riguardano tutti e che quindi spetta a tutti occuparsene avendone l'occasione forse staremmo meno ansiosi. Invece li sappiamo soli, in un mondo troppo pericoloso.
Cito una tua frase:"Non si perdeva in riflessioni filosofiche e sociologiche con le amiche". Perchè? Chi lo fa? :-)
Ultima considerazione: hai trovato l'argomento per il seminario?
Anch'io ho un pò, anzi, in realtà tanta nostalgia di quei tempi.
I nonni di un tempo...neanche quelli ci sono più, spaventati dai troppi formalismi e dalla paura ( fondata a volte) di indispettire.
Abbiamo perso molto, ammettiamolo una volta tanto!!
Penso abbia a che fare con la percezione delle proprie radici: si è scelto di allontanarsene ed il prezzo è la solitudine.
siamo tutti nostalgici di un tempo ke nn tornerà +,di un periodo ke volevamo a tutti i costi superare,modernizzare,evolvere.....e questo è il triste risultato.
Non ci sono + i genitori di una volta,i nonni di una volta,i bambini di una volta e noi abbiamo perso ogni tipo di speranza nel futuro e rimpiangiamo il passato.
Lella
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